Era un miracolo quando non faceva miracoli

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Cromolitografia italiana di fine 800.

Nella storia dei santi il miracolo (intervento soprannaturale) è un fatto straordinario, tanto che una delle condizioni per essere proclamati tali è proprio l’accertamento di almeno due miracoli; o di uno soltanto, se è morto martire.

C’è stato un santo tuttavia, per il quale fare miracoli era un’attività regolare, addirittura bastava chiederglielo e lui ne faceva uno.

Pensate che iniziò a compiere prodigi sin da quando era neonato e fino al momento in cui giunse sul letto di morte. Per non parlare di quelli compiuti dopo. Insomma, come si legge in alcune agiografie: Era un miracolo quando non faceva miracoli.

Il personaggio in questione è San Vincenzo Ferrer, frate domenicano, spagnolo ma veneratissimo anche altrove, per esempio nel nostro Meridione.

Pare che per lui fare miracoli fosse una vera e propria necessità. Praticamente un’abitudine.

Quando fu proclamato santo, nel 1455, dal Pontefice Callisto III, durante il processo di canonizzazione gliene furono attribuiti ben ottanta, fra guarigioni, esorcismi e conversioni di eretici.

Durante lo scisma d’Occidente, si schierò con gli avignonesi, Clemente VII e Benedetto XIII, che lo nominò quale suo confessore personale e, più tardi, cardinale (carica che però il Santo rifiutò di accettare).

Incisione su rame. Italia, 1819.

Sotto l’aspetto iconografico, nelle immagini popolari, San Vincenzo Ferrer è raffigurato con l’abito domenicano, il libro nella mano sinistra, l’indice della mano destra rivolto al cielo, le ali di angelo e una fiamma sopra il capo.

Xilografia italiana del XVI secolo.

Le ali d’angelo e la fiammella sulla testa (in alcuni casi anche la tromba) si spiegano con il fatto che lui stesso, durante le sue prediche moralizzatrici, soleva definirsi “angelo dell’Apocalisse“.

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