Da tempo pensavo di scrivere da qualche parte il perché io inventari santini uguali nella collezione del Museo del Paesaggio di Verbania (112.800 santini catalogati, che arriveranno ad almeno 120.000 quando avrò finito con quelli che mi rimangono da sistemare, ai quali spero che nel frattempo se ne aggiungano molti, molti altri); l’articolo di Biagio Gamba sulle diversità e anomalie della serie Isonzo della Egim me ne offre l’occasione.
Accade spesso che quando qualcuno sfogli un nostro album, vedendo sistemati in una pagina due o più santini identici, o curiosando intorno ad un pacchettino di santini uguali sovrapposti nella stessa taschina trasparente, alzi lo sguardo con gli occhi a forma di punto interrogativo chiedendosi il perché di quella bizzarria. Ricordo solo un amico incisore che invece di meravigliarsi di una sequenza di santini apparentemente uguali posti l’uno accanto all’altro, mi disse: “Hai fatto bene a tenere tutte le diverse sfumature di colore”. Forse non sarà stato l’unico ad accorgersene, ma non credo siano molti i visitatori che lo notino, perché spesso la differenza di colore è appunto solo una sfumatura che viene ravvisata e ritenuta interessante soprattutto dagli addetti ai lavori. E anche se il risultato non è voluto, i colori possono evidenziare, come si diceva, differenze a volte non indifferenti nella gradazione tonale, soprattutto degli azzurri, dei verdi e dei marroni, ciò che denota le diverse ristampe.
Sono molte le differenze che si possono riscontrare in santini apparentemente uguali: quando ci siano, rivelano che si tratta di edizioni diverse della stessa matrice leggermente modificata, così il santino è altro rispetto al precedente. Elenco a memoria quelle che mi vengono in mente senza ricorrere ad un controllo capillare che richiederebbe mesi di ricerche.
Per quanto riguarda le varianti editoriali, possono essere diversi il logo, il numero di serie, l’indirizzo della casa editrice, il numero di telefono e altre informazioni relative a qualche cambiamento dell’azienda. Sembrano dettagli insignificanti, ma nel trascorrere del tempo costituiscono la possibilità di ricostruire la storia della casa editrice
Questi dettagli, anche se uguali, possono però essere posizionati in aree diverse, o scritti con altri caratteri di stampa come anche può variare l’altezza del carattere stesso e il colore della scritta: nero, marrone, blu, violetto i più sfruttati. A volte il recto del santino rimane uguale, ma da foglietto semplice diventa doppio perché si è deciso ad esempio di allungare la preghiera, di farne il calendarietto dell’anno, o di lasciare quello spazio al devoto per sue esigenze. Anche i margini e le cornicette, bianche, colorate, ornate di piccoli fregi, o semplicemente profilate d’oro possono modificare il santino, così come l’utilizzo di un tipo di carta o di cartoncino dal peso e dal colore differenti. Lo stesso santino di alcune serie può avere gli angoli tondeggianti o retti, i margini lisci o dentellati. Può mutare il tipo di dentellatura e a volte per accorgersene occorre sovrapporre i due santini. Può accadere che la stessa matrice sia stampata specularmente o che i colori per errore risultino sfalsati rispetto alle linee del disegno.
Varianti assai facili da identificare sono le scritte sia sul recto che sul verso, a volte anche all’interno, se il santino ha quattro facciate: preghiere, informazioni, pie esortazioni, utilizzi disparati che mutano da un santino all’altro pur mantenendosi identica l’icona. Oppure il verso viene lasciato in bianco dall’editore affinché i fedeli possano utilizzarlo con scritte a stampa per ricordi di ogni tipo: dalle prime Messe, alle vestizioni religiose, alle prime Comunioni e Cresime, a innumerevoli usi di confraternite che invitano alla preghiera, o che chiedono fondi per l’iscrizione. In questo caso pacchetti di santini tutti uguali si differenziano l’uno dall’altro per il nome diverso dell’iscritto e la relativa data di iscrizione, utilissima al collezionista per orientarsi sull’epoca di stampa.
Caratteristici sono i segni di Comunione Pasquale uguali, che vengono utilizzati da sacerdoti diversi in chiese diverse di località diverse per pochi anni, a volte uno solo in occasioni particolari: ricorrenze speciali, anni santi, anniversari di apparizioni o altro. Nella collezione, dove li ho divisi per anno, ci sono pacchetti di questi santini tutti uguali per edizione, ma resi diversi dall’uso specifico.
Questo succede anche nei santini in ricordo di un defunto e in quelli specificamente realizzati per cerimonie particolari, come le Prime Comunioni e Cresime e per le ricorrenze di date significative dei religiosi. Sono i casi in cui l’editore offre il solo supporto, lo sfondo si potrebbe dire, affinché il fedele lo utilizzi per le sue particolari esigenze. E’ evidente che un ripetitivo, povero santino rappresentante il Sacro Cuore di Gesù del Batoni con il verso bianco sarà diversissimo, proprio tutt’altra cosa rispetto al medesimo santino dietro al quale si possa leggere che padre Pio da Petralcina ricorda il suo venticinquesimo di sacerdozio, come si può vedere in uno degli album del Sacro Cuore.
Altre differenze potranno riscontrarsi con la comparazione attenta di due santini apparentemente uguali, per cui è opportuno ad ogni nuova acquisizione fare un confronto per valutare se il pezzo sia un doppione o no. Infatti quando mi portano santini e le persone si schermiscono dicendo che chissà quanti doppi ci saranno in mezzo, io rispondo che non mi fido mai a scartarne nessuno senza aver fatto i dovuti confronti. E anche quando dopo i controlli sono praticamente certa che quel pezzo è proprio doppio, faccio fatica a non inventariarlo. E’ forse approfittando di questa sensazione di unicità, o meglio della tesi scientifico-filosofica che ogni santino è solo se stesso, che un furbone su Ebay chiede prezzi insensati per santini stampati in quantità sterminate, ognuno dei quali lui definisce “unici”.
A rendere davvero unico il santino sul quale furono apposte, sono le scritte a mano dei fedeli, ma la loro lettura costituisce un affascinante, inesauribile capitolo a parte.
DEMETRIO GUZZARDI
Mi spiace…, ma non è così… I diversi colori…, non derivano da edizioni diverse, ma dalla stampa offset in quadricromia. Le tipografie offset (anche quella dei Gariboldi) stampano con inchiostro…, o meglio stampano con i 4 colori che danno il colore finale. Il ciano (un azzurro-blu), il magenta (qualcosa che somiglia al rosso), il giallo e poi il nero. Basta un po’ di uno di questi colori e a noi sembra che sia stampato in modo diverso…, a volte anche un po’ d’acqua in più nei rulli di stampa, può dare quest’effetto di un colore diverso… Se prendiamo ad esempio 1.000 copie di un santino…. e li osserviamo attentamente uno x uno… troveremmo almeno un centinaio di piccole differenziazioni di colore. GRAZIE per l’attenzione
Maria Grazia Reami Ottolini
Sono certa che vi possano essere delle differenze minime nel medesimo pacchetto di santini stampati insieme, ma io intendo proprio edizioni diverse, cioè ristampe che si possono identificare da particolari che qui è troppo lungo elencare: come ad esempio la carta diversa, un altro numero di serie ecc
Grazie comunque per la precisazione preziosa: sarebbe molto importante un testo specifico con esempi puntuali sull’argomento.
agostino
Pur apprezzando la considerazione di Demetrio, sono in accordo con la tesi della
Dott.ssa Maria Grazia.