Réginald Grégoire, monaco benedettino dell’abbazia di Clervaux (Lussemburgo), morto nel 2012, ha realizzato un interessante repertorio di “santi problematici”, pubblicato postumo dalle Edizioni Dehoniane di Bologna nel 2013, con il titolo I santi anomali. L’opera raccoglie un elenco alfabetico di santi caratterizzati da elementi strani o comunque molto particolari, che rendono tali soggetti anomali appunto. Santi fittizi, dalla biografia discutibile, o storicamente mai esistiti.
Fra i santi dall’esistenza presunta è indicata Santa Filomena, Vergine e Martire di Roma. I suoi resti furono trovati nel 1802 nelle Catacombe di S. Priscilla: una iscrizione su tre tegole, recitava LUMENA PAX TE CUM FI. La presenza di alcuni simboli (una palma, un’ancora, una freccia) e un’ampolla di vetro, fecero pensare che si trattasse di un corpo santo, ovvero di una martire. Il nome fu “ricomposto” cambiando l’ordine dell’iscrizione in PAX TECUM FILUMENA (la pace sia con te, Filomena). I resti della santa furono donati al sacerdote nolano Francesco de Lucia, che li portò nella sua Mugnano. Da allora molti miracoli furono attribuiti alla sua intercessione.
Ho già trattato altre volte dell’argomento, scatenando le ire degli integralisti. Non voglio rispolverare la
polemica. Peraltro, ho sempre avuto il massimo rispetto per coloro i quali sentono una particolare devozione per questa e per tutti gli altri santi. Mi limiterò a riportare ciò che la Sacra congregazione dei riti stabilì, quando nel 1961 eliminò dal calendario liturgico il nome della Santa. Le deduzioni che accompagnarono il provvedimento sottolinearono che “nessun segno di martirio appare nell’epigrafe” , che pax tecum “non ricorre mai nelle epigrafi dei martiri, già possessori della pace“, e che le tegole con l’iscrizione, in quanto riutilizzate, “non danno garanzia circa l’identità della giovane“. Infine, l’ampolla non conteneva sangue umano attribuito alla santa, bensì semplici aromi, utilizzati nelle sepolture dei cristiani.
Ma, l’elenco dei santi anomali è davvero molto ricco: santi dei quali risultano sconosciute, ad oggi, le ragioni per cui la Chiesa ne abbia decretato l’esercizio del culto, altri la cui esistenza è basata su notizie tramandate dalla tradizione, senza alcun fondamento documentale, il più delle volte dovuto al periodo remoto cui risalgono. Fra i più conosciuti, S. Agata, S. Caterina d’Alessandria, S. Cristoforo, S. Demetrio di Cassino, S. Espedito; troviamo anche S. Gennaro, S. Giorgio, S. Nicola. Basti pensare che la Bibliotheca Sanctorum contiene oltre 20.000 soggetti, mentre nel Martirologio del 2001 ne sono contemplati al culto circa 6.540.
Altro discorso riguarda la devozione che migliaia di fedeli hanno tributato loro nel corso dei secoli. Sotto questo aspetto, un ruolo fondamentale hanno rivestito le immaginette devozionali e i santini, con le raffigurazioni di questi “santi problematici”.
A noi collezionisti e cultori di filiconia, così come ai devoti, poco importa se questi santi siano o no realmente esistiti.
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Gian Piero
Esistiti o meno, autenticamente santi o no, credo che ciò che conti sia la fede comunque manifestata sì a favore di personaggi di dubbia autenticità sacrale ma che era esercitata nel contesto della religione cattolica apostolica romana che ritengo sia la base di ogni valutazione.
Rosalba
Ma se non sono mai esistiti a chi ci stiamo rivolgendo quando li preghiamo ?Anche la fede deve avere un fondamento reale o no?se ha difficoltà ad esaudirci un santo che è esistito figuriamoci uno che non è mai esistito. Un conto è pregare Dio e la Madonna, un’altro pregare i santi. Questo però non c’entra con il collezionismo dei santini.la fede è anche questo ma non solo.
Maria Grazia Reami Ottolini
Mi è capitato di dover scrivere le biografie di circa 160 santi per un approfondito studio-censimento sulle cappellette della valli dell’Ossola di cui abbiamo per ora pubblicato il primo volume. I testi che ho scritto sono la rielaborazione di un mix di documenti, tra cui alcuni libri agiografici del Cinque-Seicento presenti nella biblioteca del Museo del Paesaggio di Verbania, testi più moderni, e…santini . I miei racconti riguardano solo i santi dipinti in quelle cappelle e devono servire per il riconoscimento del soggetto da parte del fedele che si soffermi a pregare o semplicemente ad ammirare gli affreschi, A parte qualche santo poco conosciuto,venerato soprattutto in Ossola come sant’Orsa, che ne è la patrona, la maggior parte sono santi famosi. Tra di essi c’è anche santa Filomena di cui allego la storia come io l’ho ricostruita.
Santa Filomena
martire
Morta a Roma il 10 agosto 303
Festa 10 agosto
Attributi: palma – tre frecce – una o due ancore – giglio – ampollina del sangue –
corona di rose in capo – epigrafe con la scritta: ‘Pax tecum, Filumena’ –
Aspetto e vesti: eleganti abiti femminili dell’epoca, con veste lunga e manto –
Situazioni: prigioniera in carcere –
Martirio: fustigazione con flagello, annegamento con ancora al collo, bersaglio di frecce quindi decapitazione –
Patronati: patrona delle Orfanelle di san Bartolo Longo –
So che con questo scritto causerò un fiero dispiacere ai numerosi devoti della giovane martire e potente taumaturga, ma si tratta di uno di quei casi oserei dire felici che, essendo i fatti tutti storicamente comprovati e non confutabili, consentono ai fedeli di comprendere il senso e il valore della nostra devozione ai santi del Paradiso a prescindere dagli aspetti più folcloristici delle immaginifiche biografie degli agiografi, rafforzando così la nostra consapevolezza che i miracoli vengono tutti e solo da Dio.
Il corpo della martire fu rinvenuto in epoca relativamente recente, il 25 maggio 1802, nella catacomba di Priscilla sulla via Salaria. Era quello il giorno in cui monsignor Giacinto Ponzetti, custode delle reliquie, presiedette all’apertura della tomba. Si trattava di poche ossa in un avello coperto da tre tegole di terracotta per una lunghezza di 174 cm. Su di esse si leggeva la scritta in caratteri latini color ocra: “LUMENA TE PAX CUM FI”, accompagnata da alcuni simboli; una palma, tre frecce, due ancore, un fiore. Inoltre accanto ai resti fu rinvenuto un vaso ancora colmo di liquido scuro che fu creduto il sangue della defunta raccolto dai testimoni e posto nella sepoltura accanto al corpo, come era consuetudine per segnalare i martiri presenti nelle catacombe.
Poiché la scritta non pareva avere alcun significato sensato, si cercò di anagrammarla per poterla leggere correttamente e si decise che le lettere dovevano essere disposte così: PAX TECUM FILUMENA. Filomena era dunque il nome della martire finora a tutti ignota; infatti nessun antico martirologio accennava alla sua esistenza.
Pochi anni dopo, nel 1805, il sacerdote Francesco de Lucia, desiderando avere nella sua chiesa di Mugnano del Cardinale (Av) un ‘corpo santo’, richiese a monsignor Pozzetti quello di Filomena che vi venne trasportato con grande pompa. E cominciò una serie di eventi prodigiosi che fece il giro del mondo: una statua della chiesa della Madonna delle Grazie, dove erano ricoverate le reliquie, trasudò abbondantemente per tre giorni; Giovanni Maria Viennay, il santo curato d’Ars, fu miracolosamente guarito, avendo pregato sull’altare della martire da lui voluto nella sua chiesa; la cittadina di Mugnano fu risparmiata dal colera del 1836 ecc. Anche Paolina Jaricot, la fondatrice dell’Opera per la Propagazione della Fede e del Rosario Vivente fu miracolosamente risanata. Nel giro di pochi anni sorsero in suo onore chiese e cappelle in tutto il mondo, anche perché la terziaria domenicana suor Maria Luisa di Gesù1 disse di aver avuto direttamente dalla Santa la rivelazione delle sue vicende terrene. Il racconto sembra ricalcare innumerevoli biografie fantastiche create dagli agiografi secoli dopo la morte dei martiri; per dirla col Bargellini “si scrisse molto su di lei e si raccontò la sua vita con particolari anche divertenti ed ingenui (ma tutti inventati).” 2 Disse dunque suor Maria Luisa che c’erano una volta due reali sposi greci pagani che non potevano avere figli, ma dopo la conversione al cristianesimo, come cristiano era il loro medico di fiducia di nome Publio, la regina rimase incinta. Poiché le rivelazioni giungevano direttamente dalla bocca della martire, ne abbiamo le parole: “Il 10 gennaio nacqui e fui chiamata Filomena, figlia della luce (…) Quando giunsi all’età di undici anni, a Dio consacrai con voto la castità virginale…” Seguono eventi bellici tra Roma e il regno di suo padre che venne poi nell’Urbe per trattare la pace con Diocleziano. Ma l’imperatore si innamorò della fanciulla, con tutto il seguito di profferte, blandizie e minacce per farsi accettare e per piegarla all’abiura. Ma a nulla valsero i tormenti procurati, ritagliati sui simboli rinvenuti sulla tomba: corpo flagellato, tentativo di annegamento con l’ancora che si spezza, bersaglio umano con frecce che si piegano e infine, quello che non mancava mai di raggiungere lo scopo, la decollazione.
Dettate da sinceri aneliti di fede, si scrissero su di lei preghiere e ingenue canzoncine, ricalcando pari pari la sua storia:
“Salve, animosa Vergine / o Filomena invitta/ Da crudo acciar trafitta,/ Vittima a Dio fedel;/
Or tra le palme e i gigli/ Dormi, donzella forte / Sia questo o sonno o morte,/ Tu per noi vegli in ciel./ Salve animosa ec.
Te avvinta a ruvid’ancora/ Accolse il flutto infido,/ E ti respinse al lido,/ Che intorno rifiorì./
Salve animosa ec.
Archi, flagelli e strali/ Feriano il tuo bel velo;/ E sceso Amor dal Cielo/ Le piaghe ne addolcì./
Salve animosa ec.
Sul tuo virgineo collo/ Piombò la scure infesta,/ E la recisa testa/ Pace per noi pregò…
Ma poi ci fu un’attenta revisione critica su tutta la vicenda, che qui è troppo lungo narrare,3 e quell’analisi archeologica dei reperti fu decisiva sì che la S. Congregazione dei Riti, accogliendo le conclusioni degli studiosi, depennò il nome di Filomena dal calendario liturgico.
Ma certo è che le preghiere recitate da innumerevoli fedeli in buona fede non sono andate perse, come testimoniano i numerosi prodigi solo in parte ricordati.
Come riconoscere santa Filomena
E’ rappresentata come una bella fanciulla dai lunghi capelli in abbigliamento di nobile giovinetta dell’epoca, spesso ritta davanti ad un avello romano. Tiene in mano i simboli rinvenuti sulle pietre della tomba, frecce, ancora, palma, giglio, ma a volte l’ancora può essere a terra accanto a lei. In un dipinto che si venera nella chiesa di san Michele alla Chiusa a Milano, un angioletto è inginocchiato accanto alla pietra che reca incisi la scritta, Lumena pax te, una palma, tre frecce, due ancore, un fiore. Davanti alla pietra c’è l’ampollina del sangue. La martire vola in gloria verso il cielo mentre un’orante la invoca ginocchioni a mani giunte.
Maria Grazia Reami Ottolini
Dal copia e incolla sono rimaste fuori le note che aggiungo qui per completezza:
1 Suor Maria Luisa di Gesù (1799 – 1875)
2 PIERO BARGELLINI, Mille Santi del giorno, Vallecchi-Massimo, Firenze 1977, pag. 404.
3 Il contenuto del vaso non era sangue, bensì aromi; le tegole erano un riutilizzo di epoca più tarda; la scritta pax tecum non rientra mai nelle epigrafi dei martiri, che da subito godono del Paradiso ecc.
Giovanni Anania
In seguito allo scisma provocato da Martin Lutero, la Chiesa dopo il Concilio tenutosi a Trento, volle mettere in risalto la Santità della Chiesa stessa, e nel medesimo tempo riabilitarne la sua immagine. Così fu “ideata” la pia pratica, anche in seguito alle prime scoperte delle Catacombe situate a Roma, dell’estrazione di ossa apparentemente appartenute ai primi cristiani Martiri per la Fede. Numerosi furono i criteri ideati a doc per riconoscere un Martire sepolto, ad esempio i CORPISANTARI (ossia dei veri e propri tombaroli, ai quali era stato consesso l’onore di estrarre queste reliquie dalle Catacombe) riconoscevano la presenza di un presunto Martire in seguito a una palma o croce incisa sulla lapide, o di un vasetto, che secondo loro potesse contenere del sangue raggrumato del Martire. In realtà quel vasetto era un unguentario usato durante le sepolture. Così dal XVII secolo fino alla metà del XIX secolo furono estratte dalle Catacombe romane un numero imprecisato di reliquie, le quali successivamente presso le fabbriche pontificie venivano assemblate (spesso alla buona, senza nessun criterio, a volte addirittura inserendo nelle parti mancanti fil di ferro o stoppa) e ricoprendole di cera plasmandone così un corpo. Successivamente un Prefetto del Sacrario Apostolico (di nomina Pontifica) redigeva un documento con bolla in cui si assegnava un nome, nel caso in cui il Martire non ne era provvisto (i più comuni, Benedetto/a, Clemente, Pio/a, Rustico, Candido/a, Donato/a, Teodoro/a) e si provvedeva ad una relativa descrizione dell’urna e del corpo; infine veniva inviata una benedizione e si prefissava che tale urna dovesse essere venerata in un luogo degno di culto quale Cappella, Oratorio, Collegiata, o Chiesa. La procedura della ricomposizione con corpi di cera, però non era fatta per tutte le reliquie; in Germania, ad esempio gli scheletri venivano ricomposti senza il corpo di cera, ma venivano “macabramente abbigliati” con gemme, pietre preziose e altri ex-voto donati dai devoti e dai fedeli. Si pensa che nei 3 secoli e mezzo circa di estrazione di reliquie furono estratti e realizzati circa 6000 corpi, inviati in qualsiasi parte del mondo, o donati ad insigne famiglie nobiliari che poi esponevano le reliquie nelle loro Chiese o Cappelle. Questa pratica andò a scemare fino alla metà dell’Ottocento quando Papa Gregorio XVI fu persuaso a non continuare più con questa pratica. Nonostante questo anche nel 900 furono donati corpi santi e reliquie a numerose Chiese e Oratori. Questa continua regalia di reliquie e corpi dei cosiddetti Martiri inventi fu ideata affinché la Chiesa potesse essere rivista in senso positivo; per una povera Cappellania di campagna la presenza di un corpo di un Santo Martire era segno di buon auspicio e di protezione. Molti nobili facevano a gara per accaparrarsi corpi, o anche pezzi di ossa da poter a sua volta donare a Monsignori affinché fossero venerate nelle loro Cappelle. Oggi, la Chiesa nel massimo rispetto dei fedeli e dei devoti, pur non riconoscendone un culto specifico ha lasciato la possibilità di continuare a venerare queste reliquie, nonostante la completa assenza di note agiografiche ma soprattutto nonostante l’assenza di una prova del martirio che ne potesse quantomeno giustificare la venerazione. Un esempio è Santa Filomena, la quale nonostante la completa assenza di note agiografiche ha avuto una diffusione del culto pazzesca. Molte le Chiese a le dedicate e i paesi che la venerano come Patrona.
Ilo
Buongiorno, scriveva Sallustio nella sua opera \” sugli Dèi e il mondo\” che \”queste cose non avvennero mai, ma sono sempre\”. E\’ un concetto che si potrebbe applicare a questi Santi tanto contestati, eppure, essi vivono nel ricordo del popolo che li venera e con il popolo sono, questo è un dato reale ed oggettivo. Ma tornando a S. Filomena, un corpo non c\’ era e si mormorava alla leggenda, all\’ invenzione, poi il corpo uscì e ancora si mormora, mai soddisfatti anche quando \” il cielo decide di far cadere il Palladio dall\’ alto delle nubi\”. Padre Pio, santo più attuale che mai, seppur non amato da tutti per i suoi modus operandi, si trovò in un ronzio fastidioso di voci su S. Filomena, lo stesso che qui si innesta; ad un punto, si girò verso i dubbiosi mormoranti ed esclamò \” Santa Filomena è in Paradiso! La confusione è del Demonio!\”. I tempi che ìmperano, sono proprio di confusione, dove ormai è chiara la cecità che si ha verso la pietà popolare, e soprattutto verso l\’ umanità; è in questa grave dimenticanza che noi non vediamo più i Santi, e di conseguenza, affermiamo la loro inesistenza.