Nel mostrarvi questa pergamena dipinta a mano dovrei usare il solito elenco di aggettivi, da superlativa a museale, che di solito si sprecano in queste occasioni. Ma non lo farò. Innanzitutto perché lascio al lettore formarsi un’idea dopo averla ammirata, e poi perché usare termini come il sopra citato, e abusato, “museale” non ha alcun senso: nei musei esistono pezzi spesso di qualità inferiore a tanti che invece si trovano nelle collezioni di qualche collezionista privato.
Come nel caso di questa pergamena settecentesca ricchissima di simboli, di probabile area fiamminga, di proprietà di un amico, del quale tacerò il nome (lo invidio abbastanza!), che vorrei assolutamente farvi apprezzare.
Intanto, diciamo subito che è di dimensioni piuttosto generose, cm 18,5 x 25,2, che ne fanno un pezzo non propriamente filiconico, come si può intuire. Ma dimensioni a parte, è la raffigurazione che la rende poco filiconica, sicuramente non destinata alla devozione popolare, come cercherò di spiegare di seguito.
Al centro, in primo piano, il soggetto a cui è dedicata: San Giovanni l’Evangelista, come specifica anche il titolo, sul margine inferiore.
Il Santo è rappresentato con i suoi classici attributi: l’Aquila che gli porge il calamaio dove egli possa attingere l’inchiostro con la penna che regge nella mano destra. Con la mano sinistra regge un volume, il Vangelo – ricordiamo che sono attribuiti a Giovanni uno dei quattro Vangeli canonici e il libro dell’Apocalisse.
C’è poi un altro attributo, forse meno comune: il Calice con un serpente in fuga. Il Calice di solito richiama l’episodio dell’Ultima Cena cui Giovanni partecipò accanto al Maestro. Ma la presenza del serpente ci porta a un’ulteriore interpretazione. Secondo la Legenda Aurea e altri, la simbologia in questione fa riferimento a un altro racconto: Giovanni si trova a Efeso, dove si è recato, dopo la morte di Gesù, per predicare il Vangelo. Il sacerdote del tempio di Diana, gli offre una coppa avvelenata allo scopo di assassinarlo. Ma invano, perché Giovanni non muore. Il serpente in questo caso simboleggia l’eresia, presente appunto a Efeso, che tenta di sopraffare la parola di Cristo.
Lo sguardo del Santo è rivolto in alto, verso qualcosa di indefinito: il richiamo è alle visioni che egli riporta nel libro dell’Apocalisse.
Ma passiamo agli altri simboli, che appaiono più interessanti e che “sconfinano”, direbbe qualcuno, in ambito esoterico. Gli amici appassionati di esoterismo avranno di che divertirsi, si fa per dire.
In alto, a destra e a sinistra, osserviamo due bracieri accesi, con al di sotto due puttini con ali piuttosto particolari, che fanno pensare ad ali di insetto più che a quelli di un angioletto. Sotto i piedi di Giovanni un mostro marino versa dell’acqua con un vaso. Infine, uno spaccato della nuda terra, da cui emergono rami secchi.
Quanto appena descritto simboleggia i quattro elementi primordiali, tanto cari agli alchimisti, ovvero il Fuoco, l’Aria, l’Acqua e la Terra.
In alto, al centro, possiamo osservare un caprone, che nello zodiaco sta a simboleggiare il segno del Capricorno. Mentre ai piedi del santo, notiamo due pesci, che indicano il corrispondente segno astrologico dei Pesci.
Una linea immaginaria può essere tracciata dal simbolo del Capricorno, attraverso l’immagine di San Giovanni, fino ai pesci immediatamente sotto i suoi piedi.
Cercherò di spiegare meglio. Giovanni è ricordato dalla Chiesa il 27 dicembre, periodo dell’anno in cui il Sole entra appunto nel segno del Capricorno. Questo periodo era per i romani indicato anche come solstizio d’inverno, cioè si verificava la rinascita del Sole (non a caso la Chiesa fissa la nascita di Gesù il 25 dicembre).
Il solstizio d’inverno stava a indicare anche una delle due porte, attraverso le quali passavano gli dei (l’altra era il solstizio d’estate, attraverso cui passavano le anime degli uomini). E non è un caso che Giovanni è diventato, per alcune tradizioni iniziatiche, simbolo esoterico di una di queste porte (il solstizio d’inverno), mentre un altro Giovanni (il Battista) simboleggia L’altra, il solstizio d’estate.
Il suo ruolo di “porta” è confermato e rafforzato nella miniatura dalla figura di Giano bifronte, con la falce ai piedi: il giovane guarda al nuovo anno, che nel calendario romano iniziava con il mese di Marzo, mentre il vecchio guarda indietro all’anno ormai trascorso, che per i romani si chiudeva con il mese di Dicembre (ricordiamo che il calendario dei romani contemplava dieci mesi). Si spiega dunque, come accennato, la presenza dei due segni zodiacali, che vanno dal mese di dicembre (Capricorno) al mese di Marzo (Pesci).
Il passaggio dal vecchio al nuovo anno, attraverso la porta solstiziale, richiedeva un rituale: tale momento nell’immagine viene evidenziato dal Putto, proprio alle spalle di Giano, che mantiene una specie di tendone.
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angela rotundo
E’ una stupenda immagine direi anche strepitosa istruttivo e bellissimo anche l’articolo grazie