Io non ci sono mai andato (per fortuna!) e, penso, nessuno di voi. Diversamente, non staremmo qui, io a scrivere e voi a leggere questo post.
Sembrerà banale ma – questione teologica a parte – nel corso dei secoli tanti si sono chiesti, non solo dove si trovasse in concreto il Giardino dell’Eden, ma anche se fosse possibile andarci. Da vivi.
Nel 1442, Giovanni Leardo, cartografo veneziano, realizza un mappamondo molto particolare. In esso infatti, oltre a essere descritti i tre continenti allora conosciuti, è indicato anche un luogo speciale, localizzato nei pressi dell’India e contrassegnato con il simbolo di una fortezza. Si tratta del Paradiso Terrestre.
Il dato è alquanto sorprendente, se consideriamo che Leardo era uno scienziato, anche piuttosto preciso (ovviamente per gli standard dell’epoca), che esprimeva le sue conoscenze sulla base del sistema tolemaico. Desta meraviglia dunque che un cartografo di tale livello avesse potuto inserire un luogo “celeste”, come fosse stato una qualunque città “terrena”.
È evidente che Leardo, come tanti altri, credeva che il Paradiso si trovasse sulla Terra, nel caso specifico nel continente indiano.
Dopo Leardo, nessun altro cartografo osò indicare nelle sue mappe il Giardino dell’Eden. Ma l’idea che il Paradiso si potesse trovare da qualche parte sul globo terrestre tormentò non poche persone, e non soltanto poveri ignoranti.
In Spagna, già nel XVI secolo circolava la leggenda di Sant’Amaro, un nobile di origine asiatica, ossessionato dall’idea di visitare il Paradiso terrestre. Una notte gli apparve Dio, che non solo gli confermò l’esistenza dell’Eden sulla Terra, ma gli indicò anche come fare per raggiungerlo.
Fu così che Amaro si imbarcò su una nave e dopo mille ricerche e altrettante peripezie, giunse finalmente dinanzi alla porta del Paradiso. Era un castello tutto costruito d’oro e di pietre preziose. Il Santo bussò al portone, ma il custode che venne ad aprire gli negò l’accesso: non poteva entrare, semplicemente perché era vivo.
Le suppliche di Amaro valsero solo a consentirgli di spiare dentro: vide l’albero della Conoscenza, piante sempreverdi, corsi d’acqua rigogliosi e uccelli dal canto celestiale. A malincuore, dovette tornarsene dal luogo da cui era partito. Meravigliato, apprese che la città aveva cambiato nome: si chiamava Amaro, come lui.
Una descrizione precisa del Paradiso ci viene offerta da Giovanni nell’Apocalisse, quando descrive la città santa di Gerusalemme.
Ma torniamo alla posizione geografica. Secondo quanto riportato nel libro della Genesi, Dio aveva situato il Giardino dell’Eden in Oriente. Ebbene, non poteva esserci che un posto così bello e si trovava fra quattro grandi fiumi: Tigri, Eufrate, Nilo e Gange.
C’è, come sappiamo, un’altra idea cristiana di Paradiso, secondo la quale esso si troverebbe nei Cieli, ovvero distante dalla Terra. Ma dove si trova? Secondo qualcuno sarebbe una condizione spirituale nella quale versano le anime dopo la morte terrena.
Ma c’è stato anche chi l’ha individuato in un luogo concreto (si fa per dire!), al di là delle stelle, e ne ha addirittura calcolato la distanza. Jeremias Drexel (1581-1638), gesuita e studioso tedesco, scrisse che il Paradiso si trovava lontano dalla Terra, a una distanza di circa 166.844.943 miglia (più o meno 270 milioni di chilometri). Non solo. Secondo il gesuita il Paradiso avrebbe inoltre un’estensione pari a 10.314.085.719 miglia e una profondità di 360 miliardi di miglia.
Come avesse fatto a calcolare queste misure non lo so. Certo, l’idea che in qualche punto dell’universo vi sia un posto così bello da potersi definire Paradiso, dev’essere certamente venuta a quegli astronauti che hanno avuto la fortuna di osservare la Terra dallo spazio.
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Vittorio
Ogni scritto e’ una sorpresa, un arrichimento e spesso, molto spesso un incanto. Complimenti e grazie davvero.
angela
complimenti un bell’articolo grazie