Ci sono figure che appartengono alla storia della chiesa cattolica, la cui grandezza non deriva dall’essere stati dei Papi, dei cardinali importanti, o comunque dei personaggi di rilievo storico, politico ed ecclesiastico; uomini votati all’umiltà, la cui fama si deve al fatto che rappresentarono, in vita, un modello di carità cristiana, tanto da farli considerare dei santi dagli stessi loro contemporanei: santi subito!
Le immaginette devozionali e i santini, sotto questo aspetto, rappresentano senza dubbio dei documenti importantissimi. Conosciamo immaginette che raffigurano personaggi che, nonostante la Chiesa non avesse ancora beatificato, per la gente erano già santi.
Il personaggio che vedete rappresentato su questo bellissimo canivet, appartenente alla collezione privata dell’amico Ermanno Raio (che non finisce mai di stupirci!), nacque da una famiglia numerosa e povera, ad Amettes, in Francia, nel 1748. Povero tra i poveri, volle abbracciare la vita monastica, ma fu rifiutato da tutti i monasteri ai quali si rivolse. Capì che, evidentemente, il suo posto non era all’interno di un convento, ma in giro come pellegrino: viveva di offerte, che donava ad altri poveri come lui. La sua casa era un sacco che si portava sulle spalle, in cui custodiva un Vangelo e altri libri di preghiere. Le sue misere condizioni gli costarono una malattia, che lo portò alla morte a soli 35 anni. Era l’anno 1783. Al suo funerale c’era tanta di quella gente, che neppure nelle cerimonie funebri di un imperatore s’era mai vista. I suoi contemporanei lo conoscevano con l’appellativo del vagabondo di Dio, la storia e i fedeli lo venerano con il suo nome: San Benedetto Giuseppe Labre.
Ho voluto scrivere queste poche righe sulla vita di questo santo, che non è ricordato per grandi miracoli: non per aver fermato montagne che crollavano, non per aver aperto le acque del mare, o altre gesta mirabolanti. È ricordato per essere stato in mezzo agli umili.
Ma allora, cosa ci fa un personaggio simile su un canivet?
Sarò più esplicito. Come sappiamo i canivets rappresentano una tipologia di immaginette devozionali non destinata alle masse popolari. Il canivet che vedete è stato realizzato intorno alla fine del XVIII secolo, il che significa che chi l’ha dipinto e intagliato era probabilmente un contemporaneo del Santo, forse l’aveva conosciuto di persona. Chi ha realizzato il manufatto, ha raffigurato il soggetto con l’aureola – a evidenziare che per lui, e per altri, egli era un santo -, ma nel cartiglio si è limitato a scrivere soltanto il suo nome e cognome: Joseph Labre.
Voglio precisare, che non è il solo canivet che è stato prodotto su questo santo, ne esistono altri.
Tuttavia, c’è un’altra particolarità che lo contraddistingue e che senz’altro avrete notato: siamo di fronte a uno dei rarissimi casi, in cui la miniatura rappresenta il soggetto a figura intera. E prima che qualcuno me lo faccia notare, vi invito a osservare il triangolo con l’occhio, raffigurato in alto, al di sopra della figura.Gli appassionati di esoterismo, avranno riconosciuto i simboli massonici del compasso, squadra, triangolo, occhio e acacia.
A questo punto, però, mi fermo …
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Gianluca Lo Cicero
Complimenti ad Ermanno Raio per il Canivet e a te per il bel post.
Agostino de Santi Abati
Tale riferimento “massonico” è probabilmente da ricercare nel fatto che il Santo in vita passò parte della sua vita sino alla morte a Roma divenendo consigliere spirituale di importanti personaggi Romani dell’epoca e quindi è molto probabile che alcuni di questi personaggi appartenessero alla massoneria.
Il fatto che sia stato rappresentato su un canivet dimostrerebbe l’importanza che questo umile uomo ha avuto nella vita di qualche influente personaggio Romano che ha voluto ordinare così la realizzazione di canivet che lo rapprresentassero.