Quando si parla di medicina popolare l’atteggiamento dell’interlocutore di turno può essere di due tipi. C’è quello che, con un sorriso sarcastico, liquida l’argomento come un fenomeno di superstizione; e c’è l’atteggiamento di chi – per timore di fare la figura del credulone – mette subito le mani avanti, mostrando un sicuro scetticismo, ma sotto sotto non è poi tanto convinto, per la serie “non è vero ma ci credo“.
In realtà, la questione non è così semplice e affrontarla in maniera leggera sarebbe molto sbagliato. Toccare ferro se si vede una bara o fare le corna, o bloccarsi con l’automobile e tornare indietro se un gatto nero ci attraversa la strada è un po’ diverso dall’affidarsi a rimedi popolari in caso di malattia.
Il paradosso è che oggi nessuno (o quasi) si sognerebbe di rivolgersi a un’anziana donna, esperta di malocchio, per curarsi un’emicrania; mentre sono ancora tanti coloro che sono soliti toccarsi i “cabasisi” (come direbbe Montalbano) per scongiurare la sfortuna.
Intanto, è bene fare una precisazione importante: non è vero che chi si rivolgeva alla medicina popolare era contro la medicina ufficiale. In genere, era indotto dalla disperazione, perché si era già rivolto al medico, ma invano. Il dottore aveva consigliato una cura che richiedeva l’acquisto di medicine dal prezzo proibitivo – e in passato tutti i medicinali erano un lusso per ricchi – oppure, nonostante fosse riuscito a comprare la pozione, non era servita a guarirlo dalla malattia.
Allora interveniva la tale comare, che di queste cose se ne intendeva e con i suoi unguenti aveva guarito un sacco di persone, a cominciare dai parenti; oppure si chiamava il barbiere – sì proprio quello che faceva barba e capelli – in caso di ferite da ricucire, tanto per dire.
Ovviamente, quasi sempre questi “interventi popolari” non sortivano gli effetti sperati. La colpa era attribuita o al medico (se si era già stati visitati da quello) oppure al fatto di aver perso troppo tempo prima; o ancora, di non avere avuto molta fede nel santo invocato.
Quest’ultimo collaborava in maniera molto attiva alla guarigione. Si poteva, per esempio, ingoiare minuscole immaginette con la figura del santo (i cosiddetti santini eduli) oppure si prendeva un’immaginetta del santo e la si applicava, a mo’ di garza, sulla parte del corpo malata.
Per esempio, si usava un’immaginetta di San Rocco per le malattie della pelle, quella di Santa Lucia per le malattie degli occhi, di Santa Apollonia per il mal di denti e della bocca in generale; mentre per qualunque malattia si poteva utilizzare l’immagine dei Santi Cosma e Damiano.
In proposito, si osservi questa stampa raffigurante i due santi medici. Nel titolo si legge: S. Cosimo e Damiana.
Non è un errore. L’antropologo palermitano, Giuseppe Pitrè, riporta l’immagine nel volume “Medicina Popolare Siciliana” (ed. 1896). In pratica si tratterebbe di un’immagine utilizzata negli ambienti popolari contro le malattie: il nome al femminile altro non è che una versione dialettale, come dimostra anche questa filastrocca siciliana:
San Cosimo e Damiana
Siti medicu suvrana,
Siti medicu maggiuri,
Libbirutini d’ogni duluri.
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angela
molto bello grazie