Prima che qualche lettore zelante mi denunci per razzismo su qualche social, voglio subito avvertire che il presente non è – e non vuole essere – un elogio del razzismo. Al contrario.
Come sanno bene quelli che mi seguono da molto tempo, il mio intento è soltanto quello di diffondere la cultura e la passione per il collezionismo filiconico, facendo conoscere la vastissima produzione di immaginette religiose popolari e soprattutto la loro storia e il significato delle raffigurazioni.
Interessanti in proposito sono le immagini che raffigurano il diavolo.
Non starò qui a passare in rassegna le varie tipologie iconografiche. Voglio invece incentrare l’attenzione su un particolare aspetto delle raffigurazioni del demonio. Come avrete certamente notato, generalmente il diavolo nelle sue varie raffigurazioni presenta la pelle di colore nero.
Non si tratta di una casualità. Il colore nero era considerato dai Padri della Chiesa – già dai primi secoli del Cristianesimo – il colore del diavolo, del peccato, della perdizione. L’oscurità delle tenebre infernali si oppone da sempre alla luce di Dio.
Dunque, nessuna meraviglia se il diavolo è “dipinto” di nero (a proposito: ricordate il motto “il diavolo non è così nero come lo si dipinge”?). Quello che però forse pochi sanno è che la pelle nera del diavolo aveva un riferimento culturale, religioso, e ovviamente artistico, molto preciso.
Già intorno al II secolo dopo Cristo, negli apocrifi Atti di Pietro, si legge che il demonio apparve con le sembianze di una mulierem turpissimam in aspectu ethiopissimam… totam nigram… (una donna molto brutta e dall’aspetto molto simile a una etiope, ovvero tutta nera).
Più tardi, il Patriarca di Alessandria, Atanasio, nella sua opera Vita Sancti Antonii, descrive il tentatore come puer luridus atque niger, ovvero un ragazzo lurido e nero.
San Benedetto da Norcia, invece, raccontò che il demonio gli fosse apparso con le sembianze di un “ragazzo nero“.
Ma stupisce di più apprendere che ancora nell’Ottocento, l’idea che il diavolo avesse le sembianze di un etiope era molto diffusa.
In un celebre libro religioso dell’epoca, Le miroir des ames, ou exposition des differens etats des ames par rapport a Dieu, si può leggere quanto segue
“aussi la noirceur de son visage représente la laideur de son ame, qui a perdu son ancienne beauté; car l’Ecriture nous suppose qu’il est aussi noir que celui d’un Ethiopien“
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Gian Piero Pacini
Se era il nero il colore da attribuire per evidenti ragioni, perchè non assimilarlo ad un senegalese o bantu? Probabilmante era necessario per richiamare l’attenzione in negativo su quella etnia che molto a da spartire e condividere con l’ebraismo.