Un fenomeno ricorre spesso nella tradizione cattolica: ci sono culti che si basano sulla lettura dei Vangeli ma che non trovano in essi alcun riscontro specifico.
È il caso dei Sette dolori di Maria, figura che nelle immaginette religiose è simbolicamente rappresentata con una, cinque o sette spade che trafiggono il petto della Madonna, con cui la tradizione cattolica ha interpretato i sette momenti dolorosi che Maria, in quanto Madre di Gesù, dovette affrontare nella sua vita, dalla nascita alla morte del Figlio.
La prima spada (dolore) fa riferimento alla Profezia di Simeone, nel Vangelo di Luca (2,35): « e anche a te una spada trafiggerà l’anima». Il secondo dolore che Maria dovette affrontare è riferito al momento della Fuga in Egitto, al fine di salvare Gesù dalla strage ordinata da Erode (Mt. 2,13). Il terzo riguarda l’episodio della perdita di Gesù (e del suo ritrovamento dopo tre giorni) al Tempio di Gerusalemme (Lc 2,43). Dal quarto al settimo, sono tutti riferiti alla Passione: Maria incontra il Figlio lungo la via verso il Calvario (IV); Maria è sotto la croce (V); Maria accoglie Gesù fra le sue braccia, una volta deposto dalla croce (VI); Maria accompagna il corpo di Gesù nel sepolcro (VII).
Episodi, quest’ultimi, che trovano riscontro perlopiù nelle fonti apocrife, mentre non sono espressamente riportati dai Vangeli canonici – a eccezione di Giovanni, che riferisce di trovarsi con la Madre di Gesù, sotto la croce (19,25).
Una delle figure più commoventi, e iconograficamente più rappresentate, la Pietà, per esempio, non si trova descritta in nessuno dei quattro Vangeli e forse neppure in quelli apocrifi (attendo volentieri la precisazione di qualche lettore più informato).
Ma proprio questo tema ha avuto un grandissimo impatto emotivo nell’ambito della devozione popolare che, come sappiamo, si nutre di figure “più terrene”, probabilmente perché l’uomo comune, l’uomo qualunque, quello più anonimo, si riconosce in certe immagini.
È capitato a tante mamme di dover sopravvivere alla morte di un figlio, di accoglierlo fra le braccia per un’ultima volta e di accompagnarne il corpo per la sepoltura. E si può essere credenti o meno, ma penso non vi sia immagine più appropriata – una spada che trafigge il cuore – per descrivere il dolore che si prova nell’assistere alla morte del proprio figlio.
I santini popolari, e non le grandi opere d’arte, per secoli hanno aiutato tanti a sopravvivere a momenti di dolore che la ragione – da sola – non sarebbe riuscita a superare.
Buona Pasqua a tutti!
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corrado
Faccia una ricerca sulle apparizioni della Madonna a Kibeho in Africa. In una di queste parlò proprio sei suoi sette dolori.
angela rotundo
Buona Pasqua anche a voi e grazie per il bellissimo articolo
Carmen Stillitano
La presenza della Vergine nel tempo di Pasqua non è così manifesta come nei tempi dell’Avvento e del Natale. Maria comunque è presenza attiva accanto al figlio, come testimonia il Vangelo di Giovanni 19, 25-27. E se nella liturgia romana non si dà tanto spazio alla presenza della Vergine nella celebrazione del mistero pasquale, a questa effettiva mancanza corriponde in Occidente, un ampio sviluppo della religiosità popolare che evidenzia, in maniera quasi eclatante, la presenza di Maria ai piedi della croce, la sua desolazione, la gioia dell’incontro con il Cristo Risorto e queste rappresentazioni trovano nei santini una loro espressione iconografica ed artistica di evidente impatto/connotato participativo ed emozionale come ha ben descritto il dottore Gamba nel suo interessante articolo. Un’attenta analisi dei testi liturgici del triduo pasquale ci rileva e rivela che, pur nella sobrietà di un dolore dignitoso, la Vergine non è affatto assente, come si crede. Per esempio nella celebrazione della Passione del Signore viene letta la pericope che ricorda Maria ai piedi della croce. Pochi riferimenti, certamente, che lasciano insoddisfatto il credente e sicuramente non colmano il bisogno celebrativo di tante espressioni di pietà popolare. Seguendo un’antica tradizione i cristiani ricordano ” I sette dolori di Maria”: momenti in cui in perfetta unione con suo figlio Gesù, condivide la profondità del suo dolore e il suo sacrificio. Quersto “ricordo” ha contribuito in maniera decisiva a “cristianizzare, nel popolo, l’esperienza del cordoglio e del lutto, attutendola per liberarla dalla disperazione e dall’esasperazione, rendendola intima e sacra. La sobrietà di riferimenti a Maria in questo tempo pasquale forse è un invito a fissare la nostra attenzione sul volto del Cristo Risorto, per imparare come ha fatto sua Madre, per impare a credere che… è sempre la luce che vince sulle tenebre.
Mariolina USA
Grazie, Biagio, per l’interessante articolo sui sette dolori di Maria, e grazie alla Stillitano per il suo sottile approfondimento del quesito che tu poni.
Ho visitato il tuo sito dopo aver passato ore e ore rincorrendo su internet le processioni del Venerdi’ Santo, un’ antica forma di pieta’ popolare con approvazione ecclesiale. In queste processioni, non c’e’ dubbio, il dolore di Maria impregna l’atmosfera, palpabile esperienza di lutto e cordoglio che tutto il popolo, qualsiasi il suo livello sociale e di educazione, vive profondamente.
E seguendo le processioni sullo schermo del mio computer pensavo alle immaginette delle diverse Madonne Addolorate, e a come ognuna rende tangible quel dolore.