E di questi cosa ne facciamo?

postato in: Generale | 4

Santini recentiDal punto di vista collezionistico, possiamo dividere la produzione di immaginette religiose in tre grandi categorie:

  • immaginette antiche;
  • immaginette moderne;
  • immaginette nuove.

La prima categoria, comprende santini e immaginette devozionali prodotti dal XVI alla prima metà del Novecento. Le immaginette moderne sono invece quelle stampate dalle case editrici del Novecento, a partire dalla metà del secolo scorso, fino agli anni Settanta. Infine, le immaginette nuove sono tutte quelle pubblicate negli ultimi trent’anni.

Non voglio affrontare la questione, se sia meglio collezionare immaginette antiche o moderne: ognuno ha i suoi gusti e, se escludiamo gli ultimi anni, possiamo dire che, anche dal punto di vista collezionistico e culturale, la produzione moderna si presenta altrettanto interessante rispetto a quella antica. Pensiamo, giusto per fare alcuni esempi, alle cromolitografie della Santa Lega Eucaristica, a certe serie della AR o alla serie GM del Meschini.

Purtroppo, con la diffusione delle modernissime tecniche di stampa, i santini hanno perduto il fascino estetico di una volta. Basti pensare ai santini della collezionatissima Serie Isonzo della Egim: non è un caso se gli egimisti più puri preferiscono i santini della serie stampati su “carta ruvida”, a quelli stampati su “carta liscia”. Saranno pure velleità da collezionisti, ma osservare, e toccare, un santino stampato fino agli anni 50-60, ha un fascino molto diverso rispetto a una stampa digitale degli ultimi anni.

Il fenomeno Egim probabilmente si spiega anche così: lo stile dei santini della Serie Isonzo è ancora quello classico, quello di “una volta”. E i collezionisti sono molto più attratti dallo stile classico, piuttosto che da certi modernissimi esperimenti, che – almeno sotto l’aspetto collezionistico – lasciano il tempo che trovano.

Detto questo, arrivo al punto della questione odierna: cosa ne sarà di tutti quei santini, anonimi o stampati su commissione, occasionalmente, da tipografie che stampano di tutto? Ma, soprattutto, la domanda per noi collezionisti filiconici è: cosa ne facciamo di questo “materiale”?

Sottolineando, per la milionesima volta, che il problema non è riferito ai santini posseduti per fede o devozione, ma esclusivamente a quelli raccolti per puro spirito collezionistico, va detto che – tranne rarissime eccezioni –  i santini attuali non hanno un grande  valore collezionistico. Non ne hanno sotto il profilo artistico, né sotto quello storico-culturale, e naturalmente per quanto riguarda il mercato. L’unica opportunità è quella di inserire il santino in una collezione tematica, nella consapevolezza che si tratta di una riproduzione di un pezzo più antico o comunque di una stampa digitale di una foto fatta a una statua o un santuario.

Mi piacerebbe sentire anche il parere di altri. E, con riferimento alla domanda posta nel titolo, restano esclusi, ovviamente,  i santini appartenenti alle serie tradizionali pubblicate da Egim (Serie Isonzo, Serie C, etc.),  FB (Serie 400) o simili.

Copyright (©) Tutti i diritti riservati

4 risposte

  1. DEMETRIO GUZZARDI

    SE non sapete che farne… potete mandarli al seguente indirizzo:
    DEMETRIO GUZZARDI
    via degli Stadi, 27
    87100 COSENZA

  2. Mario Tasca

    Potete mandarli al “Museo del Paesaggio” di Verbania-Pallanza
    Indirizzo: Via Ruga 44 – 28922 – Verbania.
    Email-:museodelpaesaggio@tin.it
    Sito web: http://www.museodelpaesaggio.it
    Telefono 0323 556621
    Nella sezione “Religiosità Popolare” del museo vengono raccolti gli ex-voto e le immaginette sacre realizzati tra il Cinquecento e il Novecento provenienti da tutte le regioni d’Italia e del mondo.
    La collezione di santini è seguita e organizzata con grande amore dedizione e competenza dalla prof.ssa Maria Grazia Reami Ottolini.
    Io ne ho donati circa 6000 lo scorso anno!

  3. Maria Grazia Reami Ottolini

    Confermo naturalmente il commento di Mario Tasca e la donazione dei suoi seimila santini nuovi dei quali al Museo del Paesaggio siamo tutti grati. Non ci si stupisca, perché è vero che i musei conservano reperti, opere, documenti dei tempi che furono, ma è anche vero che la loro esistenza si prolunga in un tempo che può essere molto lungo, assai più lungo del tempo umano,e dopo un secolo quei pezzi diventano vecchi, dopo due secoli sono antichi. E in un’epoca in cui l’elemento cartaceo tende a sfuggirci, aver conservato anche quei santini diventa opera meritoria. Perciò se qualcuno fosse pentito di aver inserito nella sua collezione i santini contemporanei, ma non voglia semplicemente cestinarli, li conservi per il Museo del Paesaggio. Ho motivato la stessa richiesta in una lunga lettera di risposta all’Editore sul n.68 di Santini et similia, con argomentazioni culturalmente un po’ più elaborate, anche se stringi, stringi, il motivo per cui vale la pena lasciare i propri santini in un museo è sostanzialmente questo.
    Se qualcuno fosse interessato, lo pregherei di inviare
    prima un’e-mail per prendere accordi, a mariagraziaottolini@yahoo.it.

  4. Stefano e Federico

    Potete inviarli a
    PEIRETTI STEFANO E FEDERICO
    via Principessa Clotilde 32
    10144 Torino

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

AlphaOmega Captcha Classica  –  Enter Security Code