Si chiamano Comandamenti della Chiesa, ma sono da tutti conosciuti come Precetti e non vanno confusi con i più noti Comandamenti di Dio, ovvero i 10 Comandamenti.
I Precetti della Chiesa sono infatti solo cinque: Parteciperai alla Messa la domenica e le altre feste comandate; Confesserai i tuoi peccati almeno una volta all’anno; Riceverai umilmente il tuo Creatore almeno a Pasqua; Santificherai le feste che ti sono comandate; Osserverai il digiuno prescritto e parimenti l’astinenza.
Di essi, il terzo è sicuramente il più importante, perché strettamente legato all’Eucaristia, sacramento istituito da Gesù stesso nell’Ultima Cena. Per il cristiano, dunque, la Comunione con Cristo (“chi mangia la mia carne e beve il mio sangue avrà la vita eterna”) è di fondamentale importanza.
L’Eucaristia ricorda la Pasqua e in epoche per noi lontanissime le funzioni pasquali erano svolte dalle donne in momenti differenti rispetto agli uomini. Si sa, le donne da sempre hanno frequentato la Chiesa e le attività a essa collegate, mentre gran parte degli uomini – quando non lavoravano – preferivano “riposarsi”. Per una moglie, dunque, non era facile sapere se il marito assolvesse ai suoi obblighi di cristiano, né inizialmente lo era per il prete, che non poteva ricordarsi di tutti i suoi parrocchiani.
La soluzione al problema fu l’introduzione del cosiddetto Signum Communionis Paschalis, una sorta di attestato che provava l’avvenuto rispetto del precetto da parte del cristiano. Comunicarsi almeno a Pasqua non era soltanto un invito, ma diventava un obbligo che necessitava di certificazione. La locuzione latina sta proprio a significare Segno (cioè “prova”) della Comunione Pasquale.
Nei giorni 5, 6, 7 e 8 dicembre 2015 sarà possibile ammirare molte immaginette dedicate alla tematica, nella mostra “Santini – Ricordo della Comunione Pasquale – dal 1785 al 1966″ allestita a Follina (TV), in via Pallade n. 7, dall’amico collezionista Mario Tasca. L’ingresso è libero. (Locandina nell’immagine sopra a sinistra)
I primi esemplari si presentano come delle striscette di carta rettangolari, su cui era riportato l’anno, il luogo e la chiesa, dove il soggetto aveva ricevuto il sacramento, appunto con la dicitura – a volte abbreviata – di Signum Communionis Paschalis. A partire dalla seconda metà del XIX secolo circa, sul fogliettino venne aggiunta anche una piccola immagine. È in questo periodo che il signum si trasforma anche in immaginetta, sebbene va precisato che non si tratta né di santino, né di immaginetta devozionale, proprio per la sua funzione specifica.
È solo intorno alla fine del XIX secolo che la Comunione Pasquale diventa immaginetta-ricordo – e non semplice attestato – con l’utilizzo di immaginette cromolitografiche sulle quali viene stampato il testo relativo. Sono molte le immaginette in stile liberty diffuse fra l’ultimo decennio dell’800 e i primi del 900.
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angela rotundo
Molto interessante, non sapevo dell’esistenza di attestati per la comunione pasquale, le immaginette sopra riportate sono molto belle
Mario Tasca
Grazie Biagio per aver citato la mia mostra nel tuo interessante articolo. Nei primi quadri della mostra saranno esposti parecchi “signum”, visivamente molto meno appariscenti che non le “Paste d’Ostia” dello scorso anno, ma sicuramente più preziosi per testimonianza e vetustità! Poi, come giustamente tu dici, gli attestati di Comunione Pasquale saranno dei veri e propri Santini: qualche incisione, molte cromolito e, nei periodi bellici, parecchie economie coi monocromatici al bromuro!