Avete presente i supereroi della Marvel? Sì, la donna invisibile, la torcia umana, l’incredibile Hulk, Thor, e tanti altri che sicuramente conoscerete. E avrete presente anche i loro superpoteri: una forza fisica sovrumana, la capacità di volare, il potere di rendersi invisibile. Ebbene, sono poca cosa rispetto a quello che riuscivano a fare alcuni santi.
Vi ricordate la famosa frase: “Questo è un lavoro per Superman!“. Clark Kent che entra in una cabina telefonica e ne esce spiccando il volo. E che sarà mai… San Francesco d’Assisi lo faceva regolarmente oltre sette secoli prima. Pare che si levasse così in alto che il povero confratello Leone non riusciva neppure ad acchiapparlo dai piedi per farlo scendere.
Il santo d’Assisi non era il solo ad avere questa capacità. Si racconta che levitassero dal suolo anche San Domenico, Sant’Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio, San Giuseppe da Copertino, e tanti altri (l’elenco è davvero lungo), fra cui il più recente San Pio da Pietrelcina. Il quale possedeva anche un altro straordinario potere, la bilocazione, vale a dire che poteva essere presente in più posti contemporaneamente. Come lui potevano apparire o trovarsi, al tempo stesso, in luoghi diversi anche San Francesco Saverio, Sant’Antonio di Padova, San Giovanni Bosco.
Il più potente a esercitare il potere della bilocazione, o ubiquità, fu probabilmente San Martino di Porres, il quale riuscì a trovarsi contemporaneamente in luoghi molto distanti, come la Francia e la Cina. Non solo. Il santo peruviano riusciva a teletrasportarsi da un luogo all’altro, attraversando muri e porte chiuse.
Se volete restare sbalorditi, tuttavia, leggetevi la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Apprenderete per esempio che San Giovanni Evangelista uscì del tutto indenne da un pentolone pieno d’olio bollente; come lui i SS Modesto e Crescenzia. Addirittura ci fu anche chi, come San Mauro (o forse era Santa Maura?), dopo essere stato immerso in un pentolone, si lamentasse che l’acqua fosse troppo fredda. Il governatore che, incredulo, volle verificare, vi immerse la mano e ovviamente si ustionò.
E che dire di San Lorenzo? Mentre era ad arrostire sulla graticola, pare urlò al prefetto: “Da questa parte sono già cotto; fammi girare se vuoi mangiarmi“.
Ma il massimo credo lo abbia superato San Giorgio megalomartire. E non solo perché uccise un mostruoso drago con la sua lancia, impresa davvero fuori dal comune, ma soprattutto per le continue torture subite dalle quali uscì ogni volta indenne.
Il proconsole infatti lo fece dapprima crocifiggere, invano. Poi, lo fece scarnificare con pettini di ferro. E anche così restò praticamente indenne. Quindi, gli fece bruciare il corpo con delle fiaccole. Niente! Allora, ordinò che lo squartassero, fino a fargli uscire le interiora. Macché… tutto inutile. Allora provarono a versargli l’acqua salata sulle ferite. Un toccasana!
Disperato, il proconsole si rivolse a un mago, il quale fece bere al santo una dose incredibile di veleno, che ebbe l’effetto pressappoco di un digestivo.
A questo punto, lo sventurato (mi riferisco ovviamente al proconsole) ordinò ai suoi che lo appendessero a una ruota armata di lame a doppio taglio, ma – indovinate? – la ruota si spezzò, lasciando illeso il santo. Fino a quando, al governatore non venne una grande idea: gettarlo in una caldaia di piombo fuso «che a Giorgio sembrò fresco come un bagno».
Daciano allora decise di cambiare tattica. Visto che le torture non avevano funzionato, pensò di parlargli, dolcemente, insomma di prenderlo con le buone: «Giorgio, figlio mio, tu vedi come i nostri dei sono buoni con te… Figlio carissimo, obbedisci e abbandona la falsa fede».
Il santo rispose: «Non potevi dirmelo prima, invece di sottopormi a tutte quelle torture? Mi hai convinto, sono pronto a obbedirti». Ma in realtà stava prendendosi gioco di lui, in quanto non abiurò alla fede cristiana.
Ciò scatenò l’ira del magistrato, il quale lo condannò a essere trascinato per la città, dopodiché ordinò che venisse decapitato.
A pensarci prima!
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