Sono due le domande che più comunemente mi sento rivolgere dalle persone che vengono a conoscenza della mia passione per il collezionismo filiconico.La prima è: “ma quanti ne hai?“; l’altra è invece: “come hai cominciato?“.
Chi mi conosce bene sa che, delle due, la prima è quella che odio in particolare. Non ho mai contato quanti pezzi possiedo, in realtà non mi è mai interessato. Certamente, collezionare significa anche catalogare ed è normale che la classificazione implica anche il cosiddetto numero di registrazione (o di catalogazione). Se volessi sapere, per esempio, quante sono le incisioni che compongono la collezione dei Koppe, non dovrei fare altro che aprire il file in cui sono catalogate una per una.
Il problema di fondo è però quello di capire che significato assume per noi il numero dei pezzi. Se cioè è l’elemento fondamentale della nostra passione o se invece è soltanto uno dei tanti elementi di catalogazione, come potrebbe essere, il periodo di produzione, l’editore o le misure in millimetri. Vi immaginate a collezionare esclusivamente immaginette che misurino mm 55 x 96?
E non mi stupirei se vi fosse qualcuno che lo facesse.
La stranezza sarebbe proprio nel fatto che l’oggetto della collezione, nel caso specifico rappresentato dall’immagine raffigurata (ricordate? siamo collezionisti di “immaginette religiose”), perderebbe importanza rispetto a un criterio di classificazione, appunto.
Quando sento favoleggiare di “collezionisti” che possiedono centinaia di migliaia di pezzi (ho sentito anche di tizi che ne avrebbero addirittura milioni), non posso che chiedermi se sono persone normali.
Ho allora scoperto che questa maniera di raccogliere ossessivamente oggetti, per accrescere il numero della propria collezione, nasconderebbe una patologia ben precisa, che gli psichiatri definiscono “disposofobia”, anche conosciuta come “accumulo patologico seriale”. In pratica, il collezionista – rectius l’accumulatore – in questi casi acquisisce in maniera maniacale sempre nuovi pezzi, al solo scopo di ordinarli, non importa se in album, in scatole o in altro. E la cosa più strana – trattandosi di una vera e propria malattia – è il fatto che egli tragga piacere da tale disturbo.
Generalmente queste persone non si limitano a raccogliere una sola tipologia o, peggio ancora, un solo genere di oggetti, ma – per forza di cose – sono costretti a raccogliere di tutto.
Secondo il mio parere – espresso più volte – una vera collezione è quella che ha un inizio e una fine. Non solo, ma essa richiede principalmente osservazione del pezzo e conoscenza del medesimo. Se hai una passione per qualcosa, vuoi saperne quanto più possibile. Scopo principale del collezionare è arricchire le proprie conoscenze, non accumulare per il solo piacere di vedere grandi quantità in proprio possesso e poter quindi vantarsi, dicendo a tutti: io ne ho (tanti).
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angela rotundo
Molto interessante come al solito, tempo addietro una mia amica sapendo della mia passione per i santini mi ha fatto conoscere una persona anziana appassionata pensavo come me, ma mi sono ritrovata davanti come dite voi un maniaco nel vero senso della parola geloso anche dei tantissimi doppioni buttati la solo per fare numero peccato perchè dal poco che ho visto ha dei santini veramente belli ed unici
Pasquale
Fantastico, ha ragione su tutto.Chi mi conosce me lo ha sempre detto che ero malato,ora ne ho la conferma grazie a questo suo articolo ,anche se la mia patologia ha una variante: non credo che si debbano spendere soldi per una collezione.Anche se trent’anni fa quando iniziai a raccogliere i santini spesi venti mila lire per un santino, subito mi resi conto che non era una cosa giusta secondo il mio pensiero,mi dissi allora se ho i soldi continuo se non li ho cosa faccio? e cosi’ da allora non ho speso ne una lira allora e ne un euro dopo.Da qualche mese ho iniziato a catalogarli a dividerli, anche grazie a una promessa fatta a un sacerdote collezionista che ci ha lasciato.Volevo ringraziarla perche’ grazie ai suoi articoli sto scoprendo un mondo incredibile e immenso.Dimenticavo,sicuramente si stara’ chiedendo come ho fatto a raccoglierli? le dico solo che gli anni addietro le vecchiette quando mi vedevano dicevano: “eccolo Pasquale sta arrivando”.E poi frequento le suore e tanti sacerdoti.Sicuramente la contattero’ per avere dei consigli e in privato le inviero’ qualche immaginetta per avere dei dettagli.Sempre se non distrurbo sia chiaro.