Quelli di voi che hanno letto e apprezzato il capolavoro di Umberto Eco, Il nome della rosa, ricorderanno che il motivo scatenante la furia omicida del monaco Jorge da Burgos – l’inquietante custode cieco della favolosa biblioteca dell’abbazia in cui sono ambientati i fatti del romanzo – è quello di proteggere dalla peccaminosa curiosità dei monaci il libro della Poetica di Aristotele.
Secondo Jorge, il filosofo, nel delineare i caratteri della commedia, aveva elevato ad arte la funzione del riso, “cosa vile” e dunque peccaminosa. Citando Giovanni Boccadoro, il monaco fa notare a tutti che Cristo stesso non ha mai riso.
Ma perché ridere sarebbe un’attività peccaminosa?
Chiarisce sempre il custode della biblioteca: “il riso libera il villano dalla paura del diavolo, perché nella festa degli stolti anche il diavolo appare povero e stolto, dunque controllabile. Questo libro (di Aristotele) potrebbe insegnare che liberarsi dalla paura del diavolo è sapienza. […] Il riso distoglie per alcuni istanti, il villano dalla paura. Ma la legge si impone attraverso la paura, il cui nome vero è il timor di Dio […] Al villano che ride, in quel momento, non importa di morire: ma poi, cessata la sua licenza, la liturgia gli impone di nuovo, secondo il disegno divino, la paura della morte“.
Chi non ama Eco osserverà che si tratta di frasi scritte in un romanzo e non di verità teologiche.
E invece no. Al di là dello stile romanzesco, l’atteggiamento del cristianesimo nei confronti del riso era esattamente quello descritto nel libro di Umberto Eco. Potrà inoltre sorprendere, ma tale concezione era ancora molto viva anche nei secoli successivi al Medioevo.
In una incisione firmata Cornelius Galle, tratta dal Christeliicken Waerseggher (Moretus, Anversa, 1603), non a caso la prima della serie (il totale delle incisioni è 100), sulla pagina del Libro della Sapienza, raffigurato al centro, si legge “Initium Sapientiae Timor Domini“, ovvero “l’origine della sapienza è il timore di Dio”.
Dunque la paura, come sottolineato anche dal personaggio Jorge, è elemento essenziale della fede. Non c’è fede in Dio se non c’è la paura di Dio.
C’è di più. Nel libro di Emblemi Hieroglyphicks of the Life of Man di Francis Quarles, pubblicato a Londra nel 1736 (ma la prima edizione è del 1635), l’emblema VIII del Libro I contiene una didascalia molto esplicita: Et risu necat, che può essere tradotto più o meno con “il riso uccide”.
Ma ancora oggi, c’è un solo rimedio contro la paura della morte: una sonora, grassa, risata!
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