Tutti gli appassionati filiconici sanno che le immaginette religiose sono state realizzate, nel corso di circa cinque secoli, utilizzando materiali diversi. Volendo fare una statistica, potremmo dire che il 75% è stato prodotto su carta; un buon 20% su pergamena; il restante 5% su materiali vari. Naturalmente, le percentuali predette non sono tassative e si basano esclusivamente sulle osservazioni effettuate dal sottoscritto in circa 20 anni di collezionismo.
Sto parlando quindi di supporti, ovvero di quei rettangoli di varie dimensioni sui quali i tipografi imprimevano le incisioni o mani devote ed esperte realizzavano canivets, collages ed altri preziosi manufatti.
Quanto scritto nel titolo di questo breve post non vuole essere facile ironia per catturare qualche lettore dell’ultima ora. C’è una piccola parte della produzione filiconica che è costituita da immaginette dipinte a mano o stampate su foglie di gelatina. Sono quelle che, ormai, nel gergo filiconico sono più note come immaginette o santini in celluloide.
In realtà il materiale di queste immaginette, che per fortuna in parte esistono ancora in alcune collezioni, non è la celluloide, né il rhodoid (in italiano: rodoide), entrambi materiali plastici (il secondo si può considerare un derivato della prima).
La confusione è nata dal fatto che, a una osservazione superficiale e soprattutto inesperta (diciamocelo: siamo collezionisti, non chimici esperti!), il colore bianco, il supporto liscio al tatto, il rumore “plastico” che fa se proviamo a dare dei colpetti, tutto fa pensare che si è di fronte a un pezzo di plastica.
In realtà si tratta di gelatina secca.
Chiariamo subito una cosa: non è la gelatina che gli appassionati masterchef usano per la preparazione di dolci e altre squisitezze. Questo tipo di gelatina è realizzato con miscela ottenuta dalla cottura di pelle e/o di polvere di ossa animali. Si otteneva uno strato molliccio che poi veniva fatto essiccare.
Non ci credete? Provate a immergere un’immaginetta di questa tipologia in una bacinella di acqua tiepida. Il pezzo, da rigido diventerà molliccio. Immergete un pezzo di plastica e lo troverete esattamente della stessa consistenza.
Tanto ci fa comprendere anche il motivo per cui, intorno agli anni 80 del XIX secolo, gli editori di immaginette religiose sperimentarono questo materiale: volevano riprodurre lo stesso risultato estetico delle incisioni e delle miniature su pergamena, ma con costi di produzione molto più bassi, soprattutto della materia prima (pensate a quanto sarebbe costato stampare su pergamena originale).
Con la pergamena originale, la gelatina secca condivide il rischio provocato dall’umidità. E naturalmente dal fuoco.
Un consiglio: considerata la rarità di pezzi integri ancora in circolazione, custodite con estrema cura quelli che sono presenti nelle vostre collezioni.
Se avete trovato il post di vostro interesse potete esprimere la vostra opinione postando un commento o semplicemente condividendolo su uno dei vostri profili social cliccando su una delle icone poste all’inizio dell’articolo
Copyright (©) Tutti i diritti riservati
Lascia un commento