Osservate i santini riprodotti nelle seguenti immagini: cosa notate di particolare? Bravissimi, avete indovinato subito: hanno tutti la medesima fustellatura.
Per chi non sappia cos’è la fustellatura, dirò brevemente che si tratta di un metodo usato nelle tipografie per tagliare i bordi del foglio (leggi: immaginetta) in modo particolare.
Una volta creata la fustella (da cui il termine) le immaginette venivano rifilate con essa, mostrando linee curve o frastagliate che conferivano a esse quei motivi tipici dello stile liberty di qualche anno prima.
Scopo di questo articolo è però quello di mostrare ai tanti collezionisti filiconici – che hanno interesse anche a conoscere le case editrici – come la produzione dei santini non ha un solo protagonista.
Molto spesso, per esempio, si cade nel comune errore si confondere il tipografo con l’editore o con il committente.
Come si fa a riconoscere l’uno o l’altro? Non è semplice se con si conosce la storia della produzione filiconica. Una soluzione può essere quella di pazientare ancora un po’ e leggere il mio “Santini d’Italia” che, pare, dovrebbe essere prestissimo disponibile (siamo nelle mani di Dio e dell’editore!)
Ma torniamo all’argomento di questo post. Dunque, tutti i santini qui riprodotti hanno la stessa fustellatura, il che potrebbe significare – e al 90% dei casi è così – che sono stati stampati dal medesimo stabilimento.
Se tuttavia osserviamo il loro verso noteremo che su ognuno di essi è stampato il nome di un diverso editore (Rinaldini, Giovanni Russo, Canedi, Corti). In uno invece non c’è scritto il nome di nessuno.
Eppure sono identici.
Molti di voi potranno divertirsi a individuare nelle loro ricche collezioni i santini che presentano la stessa fustellatura. Noteranno che non tutti portano stampato il nome della stessa ditta. Addirittura in alcuni si potranno trovare più nomi: quello del committente, quello dell’editore e quello dello stampatore. Buona ricerca a tutti.
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