«La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura».
Così recita il paragrafo 2355 del Catechismo della Chiesa Cattolica, che se stigmatizza la pratica in sé della prostituzione, come gravemente peccaminosa, ancor di più condanna colui che “usufruisce” di tale pratica, pagando: «Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo». Pertanto «il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l’imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale».
Ma se oggi la Chiesa cattolica nel suo Catechismo espressamente definisce la prostituzione “una piaga sociale“, in altri tempi due grandi filosofi e teologi, nonché fra i santi più importanti e celebri della storia del cristianesimo, Sant’Agostino d’Ippona e San Tommaso d’Aquino, ebbero a pensarla in maniera un po’ diversa.
Il primo, nel suo De Ordine, riteneva che le prostitute avessero una importante funzione sociale: «togli via le meretrici dalla società e rovinerai tutto con il malcostume». In sostanza, il Padre della Chiesa sosteneva che un uomo che non ha la possibilità di soddisfare i suoi desideri di lussuria è ancora più pericoloso per la società e il suo comportamento più dannoso della lussuria medesima.
Più celebre è la glossa di San Tommaso d’Aquino, nella quale egli sostiene che la prostituta «è nella società ciò che la sentina è in mare e la cloaca nel palazzo. Togli la cloaca e l’intero palazzo verrà infettato».
In verità, il “rapporto” della Chiesa con la prostituzione, rectius con le prostitute, è stato sempre piuttosto caratterizzato dalla tolleranza, come dimostrano le citazioni sopra riportate. Probabilmente, perché tollerante fu lo stesso Gesù Cristo. Celebre è il racconto del Vangelo di Luca, in cui si narra di «una donna, una peccatrice di quella città» (Lc 7,36-50) alla quale Gesù perdona i peccati: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».
Nella devozione popolare – e dunque nell’iconografia religiosa popolare – questa prostituta è stata sempre identificata con Santa Maria di Magdala, conosciuta meglio con il nome di Maddalena. In realtà, secondo molti illustri biblisti la donna descritta dall’Evangelista non sarebbe la Maddalena né, come pure è stato scritto, Maria di Betania, sorella di Lazzaro, bensì un personaggio assolutamente anonimo.
Nell’iconografia popolare dunque Maria Maddalena è proprio la donna di cui narra l’episodio riportato da Luca, come dimostrano anche gli attributi. In primis i capelli sciolti della donna, sempre in evidenza (con cui ella asciuga i piedi di Gesù bagnati dalle sue lacrime). Spesso si osserva anche il vaso di olio profumato (con il quale la donna cosparge i piedi di Gesù). Inoltre, proprio a sottolineare il “passato poco decoroso” di peccatrice, accanto alla santa viene raffigurato anche il teschio, quale memento mori.
Concludo questo post di fine estate – periodo nel quale gli uomini sono più facilmente indotti al peccato di lussuria (che in verità non conosce crisi di stagione) – ricordando che fra i santi del Paradiso esiste anche la Patrona delle prostitute pentite.
Si tratta di Santa Margherita da Cortona, nata a Laviano in Umbria nel 1247 e morta a Cortona nel 1297. Da ragazzina diventa l’amante di un ricco giovane di Montepulciano che la mette incinta, salvo rifiutarsi di sposarla e inducendola così a fare una vita dissoluta. Alla morte del suo amante, la donna viene ripudiata da tutti e disonorata. Arriva dunque il pentimento e la conversione. Negli ultimi anni della sua vita Margherita entra nel Terzo Ordine Francescano dedicandosi totalmente all’assistenza degli ammalati.
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angela
molto interessante grazie , bentornato mancavano proprio i vostri articoli