I greci lo chiamavano pelekos (da pelekus=ascia) per l’apertura del suo becco smisurato simile ad un’antica ascia, oppure onocrotalo per il suo grido (krotos) che ricordava quello di un asino.
Stiamo parlando del pellicano, un uccello acquatico che vive in branchi lungo le coste dei mari delle zone temperate e tropicali della terra ma che, nella Bibbia, ci viene descritto come una creatura del deserto amante della solitudine.
La simbologia cristiana, dal Medioevo in poi, ci presenta questo volatile come l’allegoria del Cristo che, sulla croce, versa il Suo sangue per l’umanità. Simbolo eucaristico per eccellenza, il pellicano, nell’arte religiosa, viene raffigurato spesso eretto sopra il suo nido posto sulla sommità della croce nell’atto di nutrire i suoi piccoli e diventa, per “traslazione”, l’immagine dello Spirito che richiama al pensiero la purezza celeste di Dio.
In realtà la sua caratteristica principale è quella di avere nel becco una sacca membranosa dove depone i pesci catturati. Esso ritrae il becco verso il petto proprio per favorire l’apertura di questa sacca e spesso le sue piume sono tinte di rosso a causa del sangue delle sue prede.
Probabilmente gli antichi avendo osservato queste sue strane movenze, immaginarono che si auto-lacerasse addirittura le carni. Perché?
La leggenda, nata in tempi remoti ci racconta che esso, quando la tempesta non gli permette di pescare, alimenta i suoi figli con il suo stesso sangue e, per sfamarli, arriva a lacerarsi il petto. Il suo sangue ha anche il potere di riportarli in vita se nati morti, perché è il segno tangibile del miracolo che soltanto un infinito amore può compiere.
Per il suo altruismo spinto fino all’estremo sacrificio viene associato al Cristo che, durante l’ultima cena e nelle successive cerimonie eucaristiche, offre il proprio sangue per nutrire i suoi figli/fedeli. Quest’uccello, anche se non viene mai nominato nei Vangeli e compare una sola volta in un salmo dell’Antico Testamento, è l’icona dell’amore filiale che trova la sua ragion d’essere nel dono totale di sé.
Del pellicano troviamo tracce nei bestiari medievali, testi che, a loro volta, traggono spunto dall’opera greca del Phisiologus dove sono interpretati, in chiave simbolica e religiosa, alcune caratteristiche degli animali.
Sembra comunque che la simbologia cristologica del pellicano abbia tratto la sua origine da un antico inno eucaristico: “Adoro te Devote”, un concentrato di poesia e di dottrina attribuito a San Tommaso d’Aquino che lo scrisse in occasione dell’introduzione della solennità del Corpus Domini nel 1264 e che, in un verso, così recita:
“Pie pellicáne, Jesu Dómine, me immúndum munda tuo sánguine,
Cujus una stilla salvum fácere, totum mundum quit ab ómni scélere”.
“Oh, pio pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, con il Tuo sangue;
del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato”.
Dante in un Canto del Paradiso, nella Divina Commedia, chiama Cristo nostro Pellicano e, mentre addita l’apostolo Giovanni (che durante l’ultima cena posò il capo sul petto di Cristo), mette in bocca a Beatrice le seguenti parole: “Questi è colui che giacque sopra il petto del nostro pellicano; e questi fue d’in su la croce al grande ufficio eletto”.
Il comportamento del pellicano, emblema palpitante del mistero dell’amore divino, indipendentemente dalla sua “falsa” verità scientifica, veicola un messaggio potente che finisce per abbracciare l’intera vicenda della redenzione dell’uomo che anela alla salvezza.
In uno dei santini raffigurati il suo nido è posto su una X, iniziale della parola ‘Χριστός’ (Khristòs), appellativo dato a Gesù, che in greco significa “unto”. Alla X s’ intersecano l’alfa (Α) e l’omega (Ω), prima e ultima lettera dell’alfabeto greco che indicano sempre Cristo, principio e fine di ogni cosa, come si legge nell’Apocalisse (22, 13): “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”.
E oggi? Oggi il pellicano rappresenta i donatori di sangue ed è anche legato alla simbologia degli alti gradi della Massoneria. Ma questa è tutta un’altra storia.
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Emilio
Molto interessante. Brava alla dottoressa Stillitano. Ottimo approfondimento per chi come me ama la simbologia religiosa delle immagini.
EnzoC
Debbo ammettere che ignoravo questa simbologia tra il pellicano e il Cristo. Grazie, Carmen, per questa pillola!
Alba
L’amore filiale è l’unico che è incondizionato. Gesù ci ha amato e noi suoi figli lo abbiamo messo in croce. Bellissima similitudine in questa simbologia spiegata in maniera chiara da Carmen. Un pellicano in bassorilievo l’ho visto all’esterno di una chiesa. Ora capisco perché. Grazie.
Angela Rotundo
non conoscevo neanche io questo simbolo mi ha fatto piacere apprendere tutto ciò grazie Carmen
Bruno
Dopo la lettura di questo interessante articolo della Stillitano ho deciso che nella prossima vita mi piacerebbe rinascere pellicano, sia per godere di un poco di silenzio e solitudine sia per stare più vicino a Cristo,
Grazie Carmen per i tuoi puntuali interventi
Carlo
Bellissimo articolo. Complimenti.
Federico
18′ grado massonico del Rito Scozzese Antico “Sovrano Principe Rosa-Croce o Cavaliere dell’Aquila e del Pellicano”. Anche i musulmani lo considerano un uccello sacro. L’approfondimento di questa simbologia ê stato trattato magistralmente dalla penna sempre prolifera della bella quanto brava professoressa Stillitano.
Remo I.
Trattazione eccellente! Ha condotto l’esplorazione dell’argomento con abbondante diligenza e maestria, rendendo l’interpretazione interessante e convincente e sapendo rendere inoltre la stesura dolcemente lineare e leggera. Ovvie le mie giuste ed entusiaste congratulazioni.