Immaginate di trovarvi più o meno nel 1895 e di lavorare in un’azienda che produce cioccolato; immaginate di voler pubblicizzare il prodotto in maniera efficace, al fine di vendere a quanti consumatori più possibile. La televisione non esiste e anche la radio, pur essendo stata appena inventata, non trasmette programmi, ma solo segnali sperimentali.
Potreste rivolgervi a un giornale, ma la maggior parte delle persone non sa leggere, e comunque non lo compra. Serve un mezzo di comunicazione che arrivi a tutti, o quasi.
Supponiamo che lavoriate in una piccola fabbrica di cioccolato e che proprietari di questa
azienda siano dei monaci, i quali vendono il loro prodotto per mantenere il monastero e far fronte alle spese del medesimo. Molti conoscono già il prodotto, ma occorre diffondere la notizia a tanti altri “fedeli”, perché diventino anche “clienti”. A questo punto comincia a balenarvi in testa un’idea: perché non stampare la pubblicità sul verso di un santino?
Che l’immaginetta religiosa fosse un potente mezzo di comunicazione lo avevano capito già secoli prima i padri gesuiti che la utilizzarono per combattere la propaganda protestante. Il santino costava poco e si poteva distribuire a tutti. Inoltre – potenza dell’immagine – non necessitava di grandi doti culturali per essere compreso.
Intorno alla fine dell’Ottocento, la cromolitografia rappresentò un vero e proprio miracolo, sia perché consentiva agli editori di stampare immagini a tirature altissime, contenendo così le spese di produzione, sia perché il prodotto finale era esteticamente molto attraente.
I filiconici conoscono molto bene la produzione della Chocolaterie d’Aiguebelle, dei monaci del Monastero de la Trappe (Francia): le loro cromolitografie furono diffuse in mezza Europa e, ancora oggi, è possibile reperirle con una certa facilità.
Ma i trappisti di Drôme non furono gli unici a sfruttare questo mezzo di pubblicità. Molti altri ricorsero alle immaginette pubblicitarie, per far conoscere i propri prodotti, che si trattasse di cioccolato o di pastiglie per lo stomaco. Ma il cioccolato fu sicuramente fra quelli più reclamizzati.
In Belgio, per esempio, il Prieuré de St. Antoine de Padoue (Priorato di Sant’Antonio di Padova) negli anni Novanta dell’Ottocento stampò una serie di immaginette pubblicitarie molto belle: cromolitografie su carta goffrata, con applicazioni di seta (vedi immagine sopra a sinistra). In Spagna, l’editore Evaristo Juncosa di Barcellona, pubblicizzò il suo cioccolato su immaginette in celluloide, oggi molto difficili da reperire. Così in altri paesi, compresa l’Italia.
Come ho più volte ripetuto, non c’è nulla di cui scandalizzarsi. I più integralisti, quelli che sostengono che il santino è un oggetto benedetto, e dunque sacro, dovranno arrendersi all’evidenza e alla storia. Il santino – non finirò mai di ribadirlo – è un prodotto editoriale come un altro: ognuno poi, può dargli un significato particolare, che naturalmente merita assoluto rispetto.
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angela rotundo
ammetto di essere ignorante perchè non conoscevo affatto la produzione della Chocolaterie d’Aiguebelle quindi grazie al bell’articolo di sopra ho potuto apprendere altre cose a me sconosciute