L’insolito culto di San Guinefort, cane levriero

San GuinefortMolto spesso nei testi religiosi si citano vicende che legano la vita di alcuni santi ai loro cani, fedeli amici che diedero loro un prezioso aiuto durante il loro apostolato. Da san Cristoforo a san Giovanni Bosco, da santa Margherita da Cortona al tanto amato san Rocco, rappresentato spesso in compagnia di un bastardino di nome Oreste.

Fin qua nulla di strano, ma la storia che sto per raccontarvi ha dell’incredibile e arriva dal Medioevo. Quando si pronuncia la parola “martire” si pensa comunemente a una persona – magari un cristiano – sottoposta a torture durante la predicazione della parola di Dio. Se vi chiedessero chi è San Guinefort rispondereste probabilmente che è un martire francese, visto il nome. La risposta sarebbe esatta, con l’unica stranezza che, all’appellativo santo non possiamo accostare la figura di un uomo ma quella di un cane, nello specifico un levriero, che fu oggetto di venerazione per via dei fatti miracolosi che, si dice, avvenissero nelle vicinanze della sua tomba e che, per tale motivo, fu considerato e invocato come guaritore e protettore dei bambini.

Il culto ebbe origine in Francia nelle vicinanze di Lione, a Sandras, tra Chatillon-sur-Chalaronne e Marlieux, dove viveva un nobile, proprietario di un castello. Un giorno il cavaliere e la sua sposa dovettero assentarsi per un torneo di caccia e lasciarono a custodia della culla dove dormiva il loro figlioletto, oltre alla nutrice, il fedele cane, un levriero di nome Guinefort.

Durante la loro assenza un grosso serpente s’introdusse nella camera del piccolo mettendo a repentaglio la sua vita.Il quadrupede, accortosi del pericolo, si avventò sul rettile e ne seguì una furibonda lotta. Nel trambusto la cesta di vimini dove placido dormiva il pargoletto si rovesciò ed egli andò a finire proprio sotto di essa rimanendo completamente nascosto. Il cane seppur ferito sconfisse l’intruso e dopo aver portato all’esterno i resti del rettile si rimise a sorvegliare la stanza del bimbo. Accorsa la nutrice, arrivarono anche il cavaliere e sua moglie che trovarono tutto a soqquadro e il cane sporco di sangue. Il cavaliere accecato dall’ira e dallo sconforto, convinto che Guinefort avesse sbranato il figlio, lo trafisse inesorabilmente con la sua spada. In seguito, grande fu la sorpresa nel trovare il bimbo tranquillamente addormentato sotto la cesta. Il cavaliere capì, solo dopo aver commesso l’insano gesto, cosa fosse realmente accaduto; amareggiato e colto dal rimorso riconobbe la grande lealtà del suo cane. Non potendo fare altro, lo seppellì con tutti gli onori facendo costruire  per lui una tomba affinché egli avesse degna sepoltura e piantò tanti alberi nelle vicinanze, quasi a protezione del sepolcro. Da quel momento i contadini del luogo, colpiti dal sacrificio del cane, iniziarono a onorarlo come un santo martire; soprattutto le madri di bambini deboli trasformarono la tomba del levriero in un luogo di pellegrinaggiopresso il quale depositare ex voto e chiedere intercessioni per i figli malati che pare fossero ivi portati per ottenere guarigioni tramite un particolare rito.

- incisione Guinefort

Questo fenomeno atipico, con il tempo e soprattutto grazie a un incessante passaparola che durò secoli, fece in modo che la figura del cane fosse assimilata e poi sostituita con quella di un santo-uomo, forse per rendere più sensato il culto che, proibito più volte, persistette a tutte le condanne e fu abolito definitivamente dalle autorità ecclesiastiche solo negli anni Trenta del XX secolo.

Questa storia è narrata in primis in un manoscritto latino del 1520 in cui il frate domenicano, Etienne de Bourbon, inquisitore Saint Guinefort - uomoincaricato dalla Chiesa di reprimere le eresie nella diocesi di Lione, ne fa menzione. Venuto a conoscenza (anche tramite confessioni) di questa inaccettabile venerazione, per tentare di fermarla fece bruciare, riesumandoli, i resti del cane e, da buon custode delle Scritture, trasformò in parola scritta l’oralità dei contadini, riassumendola in un exemplum (in letteratura medievale, racconto a scopo didattico-religioso).

Nel corso di una ricerca sulla letteratura degli exempla, lo storico francese Jean-Claude Schmitt si è imbattuto nel trattato di Etienne e ne è rimasto così affascinato da scrivere egli stesso un libro dal titolo: Il santo levriero. Guinefort guaritore di bambini (Einaudi, 1982)

Oggi il processo per la santificazione è complicato e attraversa diverse fasi, ciascuna delle quali richiede una certa quantità di tempo e prove inconfutabili comprovanti miracoli. Certamente era esagerato venerare un cane come un santo martire, ma questa storia fa riflettere sul concetto di animale. Tempo fa hanno fatto il giro del mondo le parole di papa Francesco: “Andremo in Paradiso con gli animali”, “Il Paradiso è aperto a tutte le creature”… questi i titoli di stampa italiana ed estera che hanno scosso il mondo religioso e non solo, su una questione più volte presa in considerazione e in merito alla quale la Chiesa non sempre ha assunto posizioni univoche.

Questo sito non è forse la sede ideale per commentare tali frasi, che rimandano in qualche modo alla disputa teologica sulla posizione degli animali nel Regno di Dio. Su queste parole si sono divisi, infatti, vari teologi e studiosi. I più tradizionalisti, legati alla teologia in senso stretto, hanno affermato che le parole di Francesco vanno interpretate, mentre altri hanno asserito che il Papa abbia assunto chiare posizioni. Tante sono le opinioni e i differenti punti di vista, ma suscita davvero stupore la prospettiva di cani o animali in Paradiso, ammesso che esso esista? Non dimentichiamoci che nella Genesi l’uomo era stato creato a somiglianza di Dio e doveva dominare  le piante e gli animali, rispettandoli e proteggendoli. Perché invece, a volte, in nome di una presunta nostra superiorità, anche erroneamente coadiuvata dalla religione, li maltrattiamo, li sfruttiamo, anziché proteggerli? Papa Francesco, non a caso, porta il nome del Santo che tanto amava gli animali.

St. Guinefort.

Proprio per effetto del suo esistere attraverso la comunicazione orale o scritta, la storia non la fanno gli uomini o, in questo caso, gli animali; la fanno gli storici e con i loro racconti umanizzano il tempo dilatandolo oltre i confini del presente, fino alle sue zone estreme, nelle quali si cela il segreto delle origini. Anche questa storia, forse un po’ leggendaria, estratta da un serbatoio di esperienze narrate, ha resistito all’usura dei secoli e per arrivare a noi non si è persa nei labirinti dell’oblio.

Per gli storici questo culto mette in luce la complessità delle culture del passato in Europa, tra cui lo straordinario potere della religiosità popolare della quale, spesso, abbiamo trattato in queste pagine. La storia, ogni storia, in fondo si costituisce nell’atto stesso della sua narrazione: una storia non raccontata non esiste, così come scompare  se ne perdiamo la memoria. È solo per questo motivo che, essendone venuta a conoscenza, trovandomi fra le mani il santino del cane con l’aureola, per quanto insolita (assurda?) mi sia potuta sembrare, ho pensato che potesse interessare anche a voi, cultori e collezionisti di santini.

Qualcuno sarà anche cinofilo, ma chi non ha mai avuto un animale domestico e non ha empatia nei loro confronti, difficilmente potrà capire la complessità e l’intensità di questo tipo di relazione. Santità canina a parte!

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8 risposte

  1. ENZO C

    Grazie Carmen per questa chicca.
    Mi sembra di capire che il cane di cui si parla, fosse stato venerato come un santo dal popolo ma non riconosciuto come tale dalla chiesa. Non mi stupirei se ancora oggi possono assurgere comitati per la santificazione ufficiale. “Santo subito!” per intenderci. Né mi stupirei che tale richiesta sia esaudita. La delusione è tanta. Se davvero grazie a Guinefort molti bambini vennero “miracolati”, allora si può credere che il vero santo sia nella chimica del corpo umano: la sola capace di guarire diversi mali. Che si tratti di una persona oppure un cane a essere considerati interfaccia con il nostro dio e, visti i risultati, a essere comunque santificati, allora la mia già fievole fede va davvero e inesorabilmente a farsi benedire.

  2. Antonio

    Bellissima storia. L’estro narrativo di Carmen non decade nemmeno quando si parla di santi cani . Interessante sotto ogni aspetto sia collezionistico che culturale. Complimenti.

  3. angela rotundo

    Avevo già letto tempo fa questa storia, ma non la ricordavo più, grazie Carmen per avermela fatta ricordare di nuovo

  4. Vincenzo

    Fantastica storia. Particolarissimo il santino. Introvabile?Bravissima Carmen

  5. Giuseppina

    Non conoscevo questa incredibile storia. Io ho un cane non lo considero un santo ma è migliore di molti uomini che conosco. Come sempre complimenti per i vostri articoli mai banali. Vi leggo volentieri. Brava a Carmen.

  6. Gianluca

    Interessante articolo ed ancor più interessante la storia raccontata con la solita dovizia e maestria di Carmen! Non conoscevo questa pagina di devozione popolare. Grazie!

  7. Agostino

    Il Buon Dio si è servito del Cane Levriero per difendere il Bambino.
    La Madre Chiesa non sbaglia nelle sue decisioni di condannare le idolatrie.
    La nostra superiorità dell’essere Uomo non è presunta, è reale, e non è erroneamente coadiuvata dalla Religione, se intende quella Cattolica.
    Gli animali vanno amati per quello che sono. Mai maltrattati e sfruttati.
    Il Santo Padre, Papa Francesco, ha scelto il nome Francesco, non per amore degli animali, ma per Venerazione del Santo di Assisi. Il Poverello di Assisi, non amava solo gli animali, ma tutto il creato e sorella Morte. San Francesco, non stava con gli animali, ma con i suoi simili, i frati appunto. Fratello Lupo, quando venne guarito dal Poverello di Assisi, voleva rimanere con lui, per dimostrargli il suo affetto, ma San Francesco, non glielo permise. Lo lasciò libero.
    La sua Fede è molto vacillante.
    Buon Anno 2016

  8. Gian Piero Pacini

    Dagli argomenti esposti ne esce un quadro che dovrebbe far riflettere molti su quanto possa essere preso in considerazione in considerazione di sistemi di comunicazione, spesso orali e quindi inaffidabili ma che con la tecnologia si sono evoluti in senso negativo in relazione alla crescita dell’alfabetizzazione e del senso critico cresciuto con il livello d’istruzione con il contributo delle tecnologie. Di questi “sistemi” di comunicazione ne sono state fatte “armi” per il condizionamento delle menti a livello planetario.

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