Il Santuario di Careno, piccola frazione di Pellegrino Parmense sorge tra querce e olmi sul declivio orientale del Monte Santa Cristina, luogo ritenuto sacro già in epoca romana e dove in passato si pensava esistesse un tempio dedicato alle divinità del bosco.
Esso probabilmente fu costruito sopra un insediamento monastico del X secolo. Un’antica iscrizione esistente sull’architrave d’ingresso della chiesa (oggi non più leggibile) ne data la fondazione all’anno 1044, mentre la prima menzione su documento scritto è del 1230. Il Vescovo di Parma concesse alla chiesa di Careno il titolo di Santuario nel 1902.
Sul portale d’ingresso è inciso il fiore della vita. È un simbolo antichissimo che è stato trovato in tutto il mondo e in ogni cultura. Per il Cristianesimo è la sintesi visiva della Genesi. Esso è ottenuto dalla ‘rotazione’ di sei cerchi o sfere, corrispondenti ognuna a un giorno della “creazione” e rappresenterebbe la struttura interna del Creato e il suo completamento. Si ritrova in luoghi di protezione, di ritiro, di difesa, nelle culle di neonati e non per ultimo in chiese antiche. Nella sua struttura è riconosciuta una matematica perfetta con la presenza del “numero aureo” 1,618 che è esotericamente considerato sacro poiché in natura è presente in moltissime forme nella materia visibile.
La sua presenza non è casuale ma causale e serve a far capire l’importanza e la sacralità del posto. O almeno era questo l’intento degli antichi architetti che l’hanno sapientemente spesso inserito nello loro costruzioni. Pittori rinascimentali ne hanno fatto modello di perfezione nelle scene rappresentate con proporzioni, dette appunto auree. Molto presente quindi nell’ambito delle arti figurative per le sue proprietà geometriche e matematiche, è da alcuni studiosi considerato il numero di Dio, la proporzione alla quale egli s’ispirò per creare il mondo.
Questo fiore a 6 petali detiene originari significati cosmologici (legati – in origine – naturalmente a culti pagani) ai quali nel medioevo si aggiunsero quelli cristiani che però non eliminarono i precedenti, ma li “cristianizzarono”.
In questo santuario, da secoli, si venera una Madonna detta “dei Matti”, statua di legno che rappresenta la Vergine Maria e che ogni anno nel giorno dell’Assunzione, è portata in processione per le pievi e i campi vicini. La sacra immagine che indossa abiti di stoffa è custodita sull’altare all’interno di una nicchia. Il bambino ha i capelli dorati e intagliati nel legno.
La tradizione popolare vuole che la Madonna dei Matti possa alleviare le sofferenze di coloro i quali soffrono di malattie mentali. Testimonianza di guarigioni sono i numerosi ex voto che arricchiscono questo scenario religioso e mistico. Sembra che il santuario custodisca al suo interno un collare di ferro ritenuto miracoloso, usato in passato anche per compiere esorcismi contro le possessioni demoniache.
Se la malattia fisica è “prevedibile” e spaventa per la prognosi, la malattia mentale invece è “misteriosa” e, pertanto, terrificante per l’essere umano in un modo più ancestrale e profondo. Non dovremmo meravigliarci quindi se, fra i vari appellativi attribuiti a Maria, troviamo anche questo, coniato dalla pietà popolare: espressione di fede che nasce dalle circostanze concrete della vita.
Oggi potenti telescopi ci permettono di ammirare l’immensità del cosmo. Moderni microscopi elettronici ci rivelano i segreti di ogni componente della cellula. La genetica, la bioingegneria, la biologia molecolare, ci rivelano sempre nuovi segreti a livello molecolare, cromosomico, genico. La neurofisiologia ci ha fatto conoscere, anche se in piccola parte, le tante funzioni del più grande e perfetto computer del mondo: il cervello umano. E… la ragione, attraverso la scienza e le sue espressioni nel campo della poesia, della musica, della letteratura, rafforza il nostro Io con un sempre più pesante bagaglio culturale e nozionistico, ma si ferma di fronte al mistero perché tutto questo “sapere” non ci risolve l’interrogativo della sofferenza, della malattia, del dolore, della morte. Allora la fede diviene asilo e ausilio, dove cercare risposte ai numerosi interrogativi senza risposta e Maria, assurge ad icona del destino escatologico dell’uomo.
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Enzo C
Un’altra chicca che ci regala Carmen Stillitano. Non immaginavo che potesse esistere la “Madonna dei matti”. Il luogo di culto anche qui eretto sulle ceneri di un tempio pagano. Divinità del bosco. Un’icona che più delle altre è, vuole essere, a protezione del cervello umano.
angela rotundo
Non avevo mai sentito parlare della Madonna dei Matti. Brava Carmen l’articolo è molto bello
MANLIO BIANCHI
Complimenti alla mia amica prof. Carmen Stillitano per le condivisioni sempre e comunque originali…”La Celebrazione Eucaristica molto sentita e suggestiva, vede ogni anno una corona di bianchi abitini disposti tutt’intorno all’altare: Non v’è miglior fiore per decorare la Mensa, di uno stuolo di bambini”.
Giuseppina
La pietà popolare ha le sue radici nei misteri della fede cristiana. Bellissimo questo appellativo popolare forse più di quelli ufficiali. Lo sento più vero. Complimenti. Bravi.
Guglielmo Lo Schiavo
Complimenti a Carmen, precisa e fonte inesauribile di informazioni dettagliate, raccontate con passione e amore nella continua scoperta di preziose reliquie con la loro simbologia sempre calata nel nostro quotidiano.
Bruno La Marra
Paludo alla chiarezza ed alla completezza dell’articolo della Stillitano, colleziono santini da tempo ma ignoravo l’esistenza di una madonna con questo appellativo.
Leggendo il post mi è venuto in mente una riflessione:” è la Madonna alla quale tutti dovremmo rivolgerci, perché ognuno di noi in qualche modo rientra nella categoria dei “matti” per gesti o idee che gli altri magari trovano “originali”.
Ancora complimenti a Carmen
Antonio
Bellissimo articolo.la Madonna dei Matti non la conoscevo. Leggendo il vostro blog si scoprono sempre cose nuove e interessanti. Le immaginette sono una fonte di conoscenza a tutto tondo. Complimenti.