«La donna dipende dall’uomo; l’uomo da Gesù Cristo; Gesù Cristo da Dio».
Prima che qualche lettrice mi denunci per istigazione al razzismo o alla subalternità della donna all’uomo, chiarisco immediatamente che la frase non è mia, ma è tratta dal verso del santino che state osservando.
Un santino molto particolare, stampato a Salerno il 15 Novembre del 1936, in occasione della Settimana religiosa degli Uomini.
In quel periodo in Italia vigeva il regime fascista, che impose una politica antifemminista, con la donna relegata esclusivamente al ruolo di madre e moglie. La donna doveva fare figli – per far crescere la popolazione e far nascere più balilla possibile – e accudire la casa, ovvero i figli e il marito, capo indiscusso della famiglia.
Tuttavia la frase non fu coniata – come potrebbe sembrare – da qualche zelante professore, dirigente del Minculpop, bensì fu ripresa – seppure rielaborata – dalla Prima lettera ai Corinzi di San Paolo (1 Cor. 11,3).
Ovviamente, le parole di San Paolo si adattavano perfettamente al concetto di famiglia, all’epoca molto diffuso, che vedeva nell’uomo il padrone dei destini degli altri membri.
Quando leggiamo «l’uomo è capo della donna, come Gesù Cristo è capo della Chiesa» sembra che ciò riguardi un tipo di società che non ci appartiene, come – in effetti – non ci appartiene, per fortuna.
Eppure, non stiamo parlando di medioevo, né di un paese di chissà quale religione, ma dell’Italia. Ricordo a me stesso che fino al 1981 (praticamente l’altro ieri) l’art. 587 del Codice Penale prevedeva una pena più leggera per il cosiddetto delitto d’onore: «Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella».
Ma non voglio divagare.
Perché dedicare una “Settimana religiosa degli uomini”? Forse, perché all’epoca gli uomini, intesi come maschi, non avevano tempo per pensare alla religione. Le chiese erano affollate anche di uomini soltanto durante le festività patronali, o a Pasqua e Natale.
Maliziosamente, verrebbe da pensare, invece, che si trattasse dell’ennesima trovata propagandistica del regime fascista che, dopo la pacificazione avvenuta nel 1929 fra Stato e Chiesa, con i Patti Lateranensi, aveva scoperto quanto efficace potesse essere per il Regime il consenso da parte dei cattolici.
Se dunque ogni uomo è capo (padrone) della sua famiglia, basta controllare le menti dei soli capi per dominare l’intero popolo. Non a caso, specifica ancora il testo, l’uomo ha l’onore e la principale responsabilità, innanzi a Gesù Cristo e a Dio, e al Duce (l’aggiunta è mia), dell’ordine morale nella famiglia e nella Società.
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rotundo angela
Molto istruttivo grazie
Gianluca
Interessante pagina di storia religiosa e civile italiana.
Agostino
Grazie Biagio, di questa lettura. Nessuno mai la potrà denunciare per quello che dice
nel suo sito. Lei non solo è uno studioso della materia, ma è anche Avvocato, è una persona di una squisita sensibilità umana, religiosa, morale e intellettuale.
Molto probabilmente, il Santino fu stampato da qualche zelante Sacerdote o Curia
Vescovile, per ricordare all’uomo d’arme, i valori profondamente religiosi, da accudire e costruire all’interno della famiglia, secondo i Comandamenti di Dio.
Infatti, nel Dopoguerra, non abbiamo mai avuto tanti delitti di uxoricidio o di uomini che uccidono le donne, rispetto agli ultimi trenta anni della nostra epoca.