Spesso nel corso di convegni e altri incontri con i collezionisti mi sono sentito chiedere: qual è il gronchi rosa per noi filiconici?
La mia risposta è sempre uguale: non esiste nella filiconia un’immaginetta che possa essere paragonata al gronchi rosa dei filatelici.
Per quelli che non sapessero di cosa sto parlando, il gronchi rosa è un famoso francobollo – forse il più famoso – conosciuto da tutti i collezionisti filatelici, e non solo, per il suo alto grado di rarità. Fu emesso dallo Stato italiano il 3 aprile dell’anno 1961 in occasione del viaggio in Sudamerica dell’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi.
Furono emessi tre francobolli, rispettivamente dedicati alla visita del nostro presidente in Argentina (valore di 170 Lire), in Uruguay (valore di 185 Lire) e Perù (valore di 205 Lire). Quest’ultimo indica in maniera errata i confini dello Stato sudamericano, rifacendosi non a quelli in vigore al momento della visita, bensì a quelli esistenti agli inizi degli anni 40.
Ebbene, come accade in questi casi, la distribuzione venne immediatamente sospesa. Tuttavia restarono in circolazione 70.625 pezzi.
Ora va detto che la quotazione di questo francobollo non supera i 1000 Euro e che anzi può trovarsi anche per qualche centinaio di Euro (dipende naturalmente dallo stato di conservazione e da qualche altro piccolo fattore). Esistono invece tanti altri francobolli, sconosciuti ai più, che valgono anche cento volte tanto. Ciononostante parlare di gronchi rosa equivale a pezzo di grande rarità.
Fatta questa premessa doverosa, torniamo al nostro settore: la filiconia.
Esiste dunque un pezzo che più di ogni altro è sinonimo di rarità nel collezionismo di immaginette religiose? Ribadisco quanto già detto: no, non esiste. Nel senso che non c’è un pezzo in particolare, conosciuto da collezionisti e oltre, paragonabile al gronchi rosa dei filatelici.
La ragione di ciò va ricercata nel fatto che, a differenza della filatelia, dove più o meno si conoscono le tirature di tutti pezzi emessi, e dunque anche di quanti ne siano in circolazione, nel caso nostro ciò non esiste. Noi filiconici non abbiamo cioè informazioni certe sul numero di pezzi pubblicati dagli editori, pertanto non possiamo stabilire con certezza il livello di rarità.
C’è poi un’altra considerazione da fare. Nell’ambito della filiconia esistono tanti pezzi unici: praticamente tutti i manufatti e i semimanufatti. Parlare di rarità a proposito di un canivet manufatto per esempio è, per forza di cose, assolutamente sbagliato.
Detto ciò, la questione andrebbe posta in termini diversi e più che riferirsi al pezzo più raro, bisognerebbe parlare semmai della tipologia più rara.
A questo proposito tutti i collezionisti, i venditori, i cultori etc. penseranno ancora una volta ai canivets manufatti. Ma c’è un’altra tipologia di immaginette che ritengo sia superiore dal punto di vista della rarità. È quella dei cosiddetti piccoli calvari.
Si tratta di semimanufatti, dei collages su carta, con applicazioni di materiali diversi, come stoffe, lustrini, carta stagno, e altro. La definizione, che io faccio mia, è stata data loro da Dolores Sella, dalla quale apprendiamo anche che «la prima a idearli nel secolo XVI sia stata Santa Caterina Ricci, grande mistica profondamente devota della Passione di Cristo». E in effetti essi raffigurano momenti della Passione di Gesù, come il trasporto della croce sul Calvario.
Come tutti i manufatti e semimanufatti, da queste piccole perle, traspare più che una vena artistica, la devozione di chi li ha realizzati, che poi come sappiamo è l’elemento che più di ogni altro distingue le immaginette devozionali dalle altre opere d’arte e nell’arte in genere.
Molti noteranno l’affinità con i cosiddetti Bambini Vestiti. Ciò è verissimo, ma quest’ultimi sono molto più diffusi.
Concludo sottolineando che riuscire a reperire un piccolo calvario è davvero molto difficile. Trovarlo poi in un buono stato di conservazione lo è ancora di più.
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